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Libri di Viaggi in Italia

In questa pagina vengono elencati i Viaggi in Italia raccontati da grandi scrittori.
Alcuni di questi libri, anzi tutti, li proporrei fra i testi da rendere «obbligatori nelle scuole» e comunque li suggerisco a tutti gli Italiani per la scoperta della propria identità nazionale.
L'elenco è ordinato per anno di viaggio e/o pubblicazione del diario. 
Diari dedicati a Viaggi in Italia, ma anche a singole regioni e città o a modi di viaggiare per l'Italia.
L'elenco bibliografico non è esaustivo, sempre in aggiornamento; inizio dai titoli presenti nella mia biblioteca.
Via via che verrò a conoscenza di nuovi titoli, magari suggeriti dai lettori o dalle case editrici, li recensirò per renderlo più completo.

Diario di un Viaggio a Piedi

di Edward Lear

Un carattere assai eccentrico, un artista genuino, un viaggiatore versatile: questo è l’inglese Edward Lear, che il 25 luglio 1847 si mette in viaggio, insieme all’amico Proby, per un “tour” a piedi della provincia di Reggio Calabria. 
Saluterà, il 5 settembre, dalla nave e con tristezza, non solo i paesaggi e le cittadine visitate, ma i calabresi che gli erano entrati nel cuore.
Aveva premesso: “Il nome di Calabria in se stesso ha non poco di romantico”, figurandosi montagne, foreste, vedute da dipingere. 
40 giorni di viaggio a piedi permettono di conoscere – a lui e ai suoi mai annoiati lettori – luoghi “pittoreschi” e calabresi impensati, spazi naturali e caratteri umani della “punta d’Italia” nel turbine della metà del 1800.
L’esperienza calabrese di Lear, il “sentiero dell’inglese”, viene anche riproposta oggi con un soggiorno itinerante nel Parco dell’Aspromonte.


Viaggio in Italia

di Thomas Stearns Eliot

Questo viaggio in Italia è raccontato dal ViaggiAutore Thomas Stearns Eliot, poeta, drammaturgo e critico statunitense, Nobel per la letteratura nel 1948, con il suo libro-guida «Viaggio in Italia», contenente note prese durante un viaggio di due settimane nell’Italia delle tre regioni del nord: Veneto, Emilia Romagna e Lombardia.

Estate 1911: un giovane Thomas Eliot, studente alla Sorbona, intraprende un viaggio nell'Italia settentrionale, tutto nel segno dell'arte. 

Lo testimonia questo taccuino di appunti, che nell’originale si intitola «Notes on Italy», infatti è costituito da pensieri brevi quanto schizzi. 

Il viaggio parte da Verona e tocca Vicenza, Venezia, Murano, Padova, Ferrara, Bologna, Modena, Parma, Milano, La Certosa di Pavia, per concludersi a Bergamo.

Gli appunti raccolgono impressioni generali, impressioni ed opinioni talvolta tanto personali quanto talvolta discutibili, delle città visitate, descrizioni di cattedrali e chiese, castelli e palazzi, musei, dipinti e sculture, riflettendo conoscenze e attese di Eliot che spesso vi esprime originario opinioni di getto, in cui traspaiono una ancor sobria critica ai canoni della tradizione e uno sguardo d'autore solitario.

Breve Viaggio in Italia

di Enzo Siciliano

Questo «Breve Viaggio in Italia» in compagnia del libro-guida del ViaggiAutore Enzo Siciliano, narra in 6 racconti dedicati a Capri, Al Castello Corsini, Sabaudia, La Versilia, Castiglioncello, Cortina, pubblicati ne «La bella estate» apparsa su “La Repubblica” nell’estate del 1994, note di un breve viaggio in Italia sono lampi di memoria per paesaggi, personaggi, amici, di un passionale e attento testimone del nostro tempo.

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Viaggio in Basilicata

di Edward Lear

Il ViaggiAutore inglese Edward Lear ha scritto questo diario nel quale racconta il suo viaggio lungo la regione realizzato nell’autunno del 1847.

Sulle orme dei grandi viaggiatori stranieri del 1700 e 1800, Edward Lear intraprende il suo viaggio in Basilicata, traendone inesauribile materia di esercizio per la sua penna di scrittore e la matita di paesaggista.

La cronaca di quel viaggio restituisce oggi tratti inediti o poco noti della regione: i percorsi accidentati, le soste in squallide taverne, i soggiorni a Melfi, Venosa, Rionero e altre località; leggende, feste e tradizioni popolari, gli incontri con personaggi imprevedibili e una folla di gente ora cordiale ora guardinga o sospettosa. 

Il contatto partecipe, e non solo curioso o esterno, con il mondo Lucano ispira al Lear pagine che, al pregio di una scrittura venata di humor, assommano il valore di preziosa testimonianza storica.

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Donne Indifese in Calabria

di Emily Lowe

Emily Lowe in viaggio con sua madre con «Donne Indifese in Calabria» ci offre il suo resoconto in soli 8 capitoli di 17 pagine del viaggio in Calabria intrapreso nel 1859 da 2 Lady Vittoriane, senza scorta e con un bagaglio leggero, per non subire la presenza di scomodi Gentlemen. Emily Lowe è una delle tante figlie del Grand Tour, il viaggio culturale nato durante il 1700 che ha proseguito la sua tradizione per oltre 100 anni, che imponeva ai giovani aristocratici soprattutto AngloSassoni, sia essi uomini che donne, di visitare le maggiori capitali europee, e l'Italia nel suo complesso, con lo scopo di tornare nella città di origine arricchiti dalle altre culture incontrate durante i loro pellegrinaggi.

Il diario è scritto proprio come un taccuino di appunti, con brevi pensieri ed osservazioni, saltando da una scena estemporanea all’altra, senza una vera e propria consequenzialità temporale e spaziale.

Lontane dagli stereotipi sociali del tempo, in cui le viaggiatrici del 1800 erano relegate a un ruolo marginale rispetto ai più noti viaggiatori uomini del Grand Tour nel Meridione d’Italia, madre e figlia entrarono in contatto con un Meridione antico, apprezzandone la bellezza e raccontando delle caratteristiche intrinseche.

A differenza dei racconti tecnici e scientifici degli uomini, i loro sono racconti ricchi di consigli, suggerimenti su come viaggiare, come comportarsi con i nativi, come scegliere l'abbigliamento e il giusto albergo.

Nei diari dei viaggi al femminile quando si parla delle Donne Meridionali, si descrivono come ospitali, attaccate alla famiglia ma per lo più succubi di usi e costumi arretrati.

Emily prima donna in Inghilterra, e non solo, a rompere gli stereotipi delle Viaggiatrici quali intrepide zitelle con parasole, pellegrini in gonnella e pioniere del picnic.

Pienamente consapevole dell’Unicità del Viaggio intrapreso, la Scrittrice fa spesso intendere al Lettore di essere un’Autentica Traveller [Viaggiatrice] e non una semplice turista, così, appena sbarcata sulla spiaggia di Reggio Calabria esclamò: «Evviva Calabria! Terra che pericoli romanzeschi proteggono dall’invasione dei viaggiatori»

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Binari

di Fabio Bertino

Per questo viaggio lungo le Ferrovie minori, Ferrovie di Comunità Italiane,
ho scelto come libro-guida «Binari - Racconti di viaggi e di treni sulle ferrovie minori italiane» di un compagno di viaggio Sessantottino per nascita, Fabio Bertino, con la mia stessa passione e amore per i treni e le ferrovie minori.
Questa volta, il ViaggiAutore di questo Grand Tour è un contemporaneo e seppure come binari, corriamo paralleli, ci siamo incontrati e non nella sala di aspetto o in attesa di un treno su un marciapiede di qualche stazione, e nemmeno seduti in uno scompartimento, ma sulla Rete non quella Ferroviaria, ma di Internet.

Dal nostro incontro virtuale è nata una simpatia e lui mi ha gentilmente voluto far partecipe di questa sua raccolta, il suo diario in cui racconta un viaggio in 11 itinerari ferroviari dal nord al sud dell’Italia.

Va dove (ti) porta il treno, perché come una volta viaggiare in treno poteva rivelarsi un’esperienza ai limiti dell’avventura, ancora oggi, nonostante la comodità di Aerei e Treni ad Alta Velocità, ci sono viaggi da compiere in Carrozze che permettono di vivere quel tipo di emozione che solo un Treno lungo un itinerario lento e dolce può offrire. L’autore ci racconta le sue tappe su Rotaia, un ritorno sui Binari come simbolo di un modo di Viaggiare più Lento ed Ecosostenibile, tra Ferrovie “Turistiche” che regalano Paesaggi incredibili che ci fanno stare incollati al finestrino dove godere un vero e proprio spettacolo. Ma il testo non è solo un diario di viaggio con i suoi racconti, è una guida turistica, una miniera di storia e di storie, un arricchimento culturale. Treni e Borghi e Paesaggi più Belli d’Italia in tutte le Regioni nessuna esclusa; Treni e Ferrovie sopravvissuti ai bombardamenti prima, ai terremoti e alle cattive intenzioni di soppressione del Ministero dei Trasporti che avrebbe voluto smantellarle come già ha fatto per 6.000 chilometri. In un’Italia minore con la M maiuscola, sconosciuta ai più, molte le battaglie della gente che ha sempre difeso ad oltranza la sua amata ferrovia. Come non ha mai fine l’Italia con le sue meraviglie, altrettanto non ha fine la ferrovia delle meraviglie, perché come ebbe a dire Paolo Rumiz dopo un suo epico viaggio di 7.480 chilometri: è stato il Treno a fare l’Italia.

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Sulla Tiburtina

di Pino Cornacchia

Questo è il diario di un viaggio a piedi lungo l'antico tracciato dell'antica via consolare romana Tiburtina Valeria, in un viaggio che, con partenza dal Museo Archeologico di Chieti, in 256 chilometri circa, in 8 giorni, ci porta alla Porta Tiburtina che si apre nelle mura Aureliane di Roma, in compagnia del ViaggiAutore Pino Cornacchia e del suo libro-guida «Sulla Tiburtina reportage di un cammino».
Una grande strada consolare è molto più di una via di comunicazione tra luoghi, è insieme generatore e simbolo di territori.
Risalire una strada consolare è anche ripercorrere il tempo, riscoprire i segni lasciati dalle generazioni e percepire l'attuale stato delle cose e delle relazioni le persone che la utilizzano.
Una consolare attraversa vari territori, che sono la somma di storie di paesaggi, processi produttivi soprattutto agricoli, dialetti, tradizioni, religiosità, patrimoni architettonici e artistici delle comunità che vi abitano.


Sulla Riva dello Jonio

di George Gissing

Questo diario di un Viaggio nella Calabria Jonica di 31 giorni, è il libro-guida «By the Jonian Sea» (Sulla riva dello Jonio) di un compagno di viaggio nato 100 anni esatti prima di me, George Gissing, ma con la mia stessa passione e amore per la Magna Grecia; il ViaggiAutore scrisse il suo diario di viaggio alla conclusione del suo secondo viaggio in Italia nel 1897 nel quale in 100 pagine descrive la ricerca dei luoghi nei quali fiorì la Civiltà Magno Greca, alla luce del suo interesse umano e letterario per il mondo classico.

Il Meridione caldo, assolato e luminoso, Gissing sceglie di visitarlo nel periodo invernale, forse abituato alle atmosfere piovigginose inglesi.

Siamo in presenza, come spesso avviene per i viaggiatori del Grand Tour, di un uomo colto, vero specialista di storia e letteratura italiana, infatti in gioventù lo scrittore ha studiato con passione Orazio, Virgilio, Omero, Pitagora, Dante e Boccaccio, così come ama leggere in Greco, Latino e perfino in Italiano, i capolavori letterari composti in questi idiomi e, quando finalmente, dopo averlo tanto sognato, riesce a visitare l’Italia e la Grecia, ammaliato dal Paesaggio Mediterraneo e dai Luoghi dove sono vissuti gli Scrittori Greci e Latini che ama.

Passeggiare per le stradine dove avevano passeggiato gli antichi scrittori, di quel mondo di sapienza e pensiero, lo scrittore avverte l’indispensabilità come difesa dalla modernità e dei conflitti della sua epoca.

Dell’Italia ammira gli aspetti umani e della natura, l’atmosfera musicale e vibrante di luoghi che evocano un mondo magico in cui perdersi e ritrovarsi.

È sufficiente leggere le ultime righe del libro per rendersene conto:

«Solo e silenzioso ascoltavo lo sciacquio dell’onda; vidi scendere la sera sull’Etna ammantata di nubi, e tremule luci apparire su Scilla e Cariddi; e mentre davo un ultimo sguardo in direzione dello Jonio avrei voluto potermi aggirare senza fine nel silenzio dell’antico mondo, dimenticando il presente ed ogni suo suono.» 

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Mare e Sardegna

di David Herbert Lawrence

Mare e Sardegna è un libro di viaggio dello scrittore inglese D.H. Lawrence effettuato nel gennaio del 1921.

Descrive il viaggio intrapreso nel Gennaio 1921 da Lawrence e Frieda, la moglie chiamata anche Queen Bee (Ape Regina), da Taormina in Sicilia verso Cagliari e poi nell'interno della Sardegna. 

Nonostante la brevità della sua visita, Lawrence distilla una sua particolare essenza dell'isola e della sua gente, oggi ancora riconoscibile.


Originariamente pubblicato a puntate in The Dial nei mesi di ottobre e novembre 1921, è stato poi edito in volume lo stesso anno a New York da Thomas Seltzer, con illustrazioni di Jan Juta. 


Tra le opere che i viaggiatori stranieri hanno dedicato alla Sardegna, questa è una delle più affascinanti e poetiche.

La presente traduzione è la prima in lingua italiana che sia stata condotta sul testo ricostruito filologicamente dall’edizione Cambridge sulla base del dattiloscritto originale.


«Lontano dietro di noi il sole si stava appena alzando sopra l’orizzonte del mare, e il cielo tutto d’oro, un oro gioioso, infiammato, e il mare era luminoso, cristallino, il vento placato, ... la schiuma ... era di un pallido azzurro ghiaccio nell’aria gialla.

Dolce, dolce vasto mattino sul mare»


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Viaggio in Calabria

di Alexandre Dumas (padre)


Molti furono gli scrittori che subirono il fascino dell'antica terra di Calabria, pittoresca e romantica, che costituisce sempre fonte straordinaria di inesauribile di ispirazione. 

Ma quelli erano "viaggiatori" che avevano percorso quasi gli stessi itinerari obbligati, seguendo anche loro un iter misto marittimo-terrestre, protetti da guardie armate. 

I loro scritti erano quasi sempre annotazioni e descrizioni precise dei luoghi visitati, pagine di diario dal tono talvolta rigoroso nel contesto della realtà osservata. 

Il Viaggio in Calabria di Alexandre Dumas (1802-1870) che l’autore svolge nel 1835,  all’indomani del viaggio in Sicilia per seguire la missione dei 1000 di Garibaldi, costituisce invece una raccolta di sensazioni suscitate nell'immediatezza della visione oggettiva dei fatti e dei fenomeni percepiti, ma successivamente trasportate in un'atmosfera romantica attraverso stimolazioni suggestive elaborate in trasposizione fantastica.

Il libro si offre al lettore con tutta la piacevolezza e la scorrevolezza di un romanzo di avventura in cui lo scrittore, talvolta, sembra quasi aver assimilato il piglio sfrontato e scanzonato di un guascone, tipico di alcuni personaggi dei suoi più celebri romanzi: «Nulla mi mette il corpo e l'anima a bel’lagio come una risoluzione presa, fosse esattamente contraria a quella che si contava prendere».

l'atteggiamento dell'autore è tollerante e spesso anche simpaticamente ironico nei confronti di una realtà sociale arretrata, ma ugualmente affascinante per la tua spontaneità ed anche perché inserita in un paesaggio fra i più belli che avesse mai visitato.


Attraverso la lettura delle 146 pagine del racconto è possibile ripercorrere fantasticamente quel viaggio che Dumas, scrittore dallo spirito avventuroso e amante del bello del nuovo, effettuò in Calabria, in quei luoghi da cui più era attratto per la loro natura selvaggia ed Immacolata. 

Le varie esperienze, vissute in prima persona talvolta anche in situazioni di pericolo, vengono narrate con aderenza alla realtà tramite immagini che presentano, a volte, una trasfigurazione immaginifica tale da renderle maggiormente ricche di fascino. 

Si riconoscono al Dumas le doti sinestetiche che caratterizzano un grande scrittore: il saper ottenere degli “effetti” che rendano vive le immagini, il trasmettere calore emotivo, il suscitare partecipazione, il creare vivacità di movimento all’interno del racconto.

Lo stile non osserva sempre il rigore di uno scritto di contenuto storico-geografico, ma si avvicina piuttosto alla spontaneità di un romanzo popolare.

Lo scrittore esprime il suo rammarico nel salutare quel «posto della terra in cui avevamo trovato il più completo riposo» e così aggiunge: «al momento di lasciare la Calabria cominciavamo a sentirci legati, malgrado tutto quello che avevamo sofferto, a questi uomini così curiosi da studiare nella loro rudezza primitiva e a questa terra così pittoresca da osservare nei suoi sconvolgimenti eterni».

L'interesse del viaggiatore verso ogni nuova conoscenza passa attraverso il vaglio dell'ironia del suo carattere eclettico e pungente: tutti elementi dai quali risulta una lettura particolarmente piacevole e stimolante.


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Weekend Slow Food, in treno

«Il treno, con i suoi agi di tempo e i suoi disagi di spazio, rimette addosso la disusata curiosità per i particolari, affina l'attenzione per quel che si ha attorno, per quel che scorre fuori dal finestrino» (Tiziano Terzani)

Un viaggio alla scoperta dell'Italia da una prospettiva inedita, quella del finestrino. 

Insieme alle linee veloci che collegano l'Italia da nord a sud, le tratte regionali completano l'offerta, regalandoci una rete perfetta per visitare il Bel Paese e apprezzarne le meraviglie, non solo enogastronomiche.

Slow Food ha deciso di combinare i dati delle sue guide (Osterie d'Italia, Slow Wine, Birre d'Italia...) con quelli delle stazioni ferroviarie per consigliare itinerari curiosi, comodi e alla portata di tutte le tasche. 

Un turismo sano, a misura d'uomo: oltre a paesaggi, musei, belle stazioni, soste d'interesse troverete anche produttori, botteghe, ristoranti e osterie.

Con i nostri consigli potrete approdare nei migliori luoghi del buon mangiare e bere d'Italia, visitare centri storici e dintorni, scoprire inedite curiosità e fare acquisti a pochi chilometri dalle stazioni. 

Il tutto nell'arco temporale di 3 giorni

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 Maledetti Toscani
 
Pubblicata per la prima volta nel 1956, un anno prima della morte dello scrittore, l'opera è frutto di una lunga e tormentata elaborazione iniziata ben 20 anni prima.
Parlando sempre in prima persona, Malaparte ricostruisce quelle che ritiene le principali caratteristiche dei toscani e in particolare dei suoi concittadini, i pratesi.

Unendo episodi della propria giovinezza a esempi del passato, soprattutto medievali, e alla descrizione dei più bei paesaggi della sua regione, Malaparte identifica il toscano come l'antitesi dell'Italiano definendolo in primo luogo "spregioso" (che prova cioè disprezzo nei confronti di tutti gli altri esseri umani, che vede come stupidi e servili), per poi identificarlo come sboccato, cinico, ironico, insofferente nei confronti di tutte le autorità costituite (anche e soprattutto la Chiesa cattolica), sanguigno, onesto, realista, pratico, pragmatico, lavoratore (traffichino) ma soprattutto intelligente e per questo libero, persino dalla paura della morte.

Identificando poi il popolo toscano come degno erede di quello greco, Malaparte indica come caratteristica fondamentale del toscano un senso della misura che si rispecchia anche nei più grandi nomi della cultura nati in Toscana (Dante, Brunelleschi, Botticelli, Boccaccio su tutti, mentre di Michelangelo critica il "passaggio" ai modi romani).

Tutte queste caratteristiche sono il motivo per cui, secondo l'autore, ogni altro italiano (ad eccezione degli umbri) si trova in difficoltà se non proprio in imbarazzo davanti a un toscano, che con il suo solo sguardo ironico è capace di dichiarare tutto il suo disprezzo; per tale ragione l'autore afferma che "maggior fortuna sarebbe se in Italia ci fossero più toscani e meno italiani". 

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Cento luoghi di-versi. Un viaggio in Italia

Il profilo di un paese
 tanto straordinario quanto indecifrabile disegnato pagina dopo pagina da un poeta (Franco Marcoaldi) e uno storico dell’arte (Tomaso Montanari) che si offrono vicendevolmente parole in versi ed immagini. 

100 luoghi fisici, simbolici, mentali, illustrati con 100 immagini, affiancati da 100 testi poetici, di ogni epoca e provenienza, che colgono in modo assolutamente peculiare l’anima della nostra Italia: il suo paesaggio, la sua arte, i suoi abitanti. 

Non si tratta di un vero e proprio itinerario fatto di luoghi territoriali, fisici, concreti, ma di luoghi dell'anima, del pensiero filosofico.

Lo scopo del libro è quello di offrirci una guida lontana da ogni cliché per una riscoperta personale e profonda di un territorio senza eguali. 

Nulla di enciclopedico né di esaustivo in questo singolare viaggio italiano, quadro appassionato e idiosincratico di una certa idea di paese. 

Un’idea che affiora nella convivenza simultanea di diversi tempi storici e diverse modalità espressive che si tessono e intrecciano tra loro per analogia o per giustapposizione. 

E dove lo stesso lettore è invitato a vagare a suo piacimento, a seconda della sua sensibilità ed esperienza. 

Per ritrovare, attraverso un inedito percorso di conoscenza e un rinnovato sentimento di appartenenza, le proprie radici.

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Il Bel Paese
dell'Abate Antonio Stoppani


Questo è il libro dal quale principiò la mia passione per l'Italia, ispirandomi Penisolabella.
Mi fu regalato da ragazzo, poi nel tempo lo persi di vista e quando lo ricercai nella mia libreria non lo trovai più; così ultimamente cercai di riaverlo.
Sono riuscito, attraverso internet, a trovarne una preziosa copia del 1890 "cogli accenti tonici sulle parole ad uso delle scuole".

Il Bel Paese è un libro pubblicato nel 1876 dell'Abate Antonio Stoppani.
Il titolo completo, nello stile dei testi didattici dell'epoca è "Il Bel Paese. 
Conversazioni sulle bellezze naturali la geologia e la geografia fisica d'Italia".

«L'autore, pigliando la veste di uno zio naturalista che racconta ai nipoti, percorre da un capo all'altro "il Bel Paese che Appenin parte e 'l mar circonda e l'Alpe"»
(Dall'introduzione "Agli institutori")

L'autore, con l'artificio di conversazioni didattico-scientifiche attorno a un caminetto, presenta nozioni di scienze naturali sul territorio italiano, con termini accessibili al lettore medio dell'epoca e con un occhio particolare verso la geologia e le bellezze naturalistiche delle diverse regioni.
Il titolo riprende il famoso verso «il Bel Paese ch'Appennin parte, e 'l mar circonda et l'Alpe» del Canzoniere di Francesco Petrarca (canto 146) con cui il poeta richiama l'immagine dell'Italia.
 
Il testo è suddiviso in capitoli, corrispondenti alle "serate" in cui l'autore descrive i diversi luoghi d'Italia. Nella prima edizione i capitoli erano 29; nella terza edizione del 1881 fu inserita un'appendice con altre 5 serate:

Da Belluno ad Agordo - Gli alpinisti e i viaggi alpini -     Da Agordo a Udine - Il Ghiacciaio del Forno - Il passo dello Zebrù - Il passo del Sobretta - Da Milano al Salto della Toce - Le caverne di Vallimagna - Loreto e la levata del sole - La tempesta di mare - La fosforescenza del mare - Il petrolio e la lucilina - Da Milano a Tocco -    Le sorgenti di petrolio - I pozzi di petrolio - Le Salse -     I vulcani di fango - Le fontane ardenti - La buca del Corno - I pipistrelli - Il letargo e le migrazioni - Le Alpi Apuane - I marmi di Carrara - Il Vesuvio dell'antichità -    Il Vesuvio nella fase pliniana - Il Vesuvio nella fase stromboliana - Il Vesuvio nella fase pozzuoliana - L'Etna - La valle del Bove - Ricordi del Monte Rosa - I nostri laghi - L'incendio del San Martino - Il Reno a Sciaffusa e l'Adda a Paderno - Le marmitte dei giganti

Il volume divenne enormemente popolare per vari decenni, probabilmente grazie alla sovrapposizione tra l'ambito scolastico e quello naturalistico ed escursionistico, da collegare al successo del Club Alpino Italiano all'epoca.
Nel testo, nelle vesti di uno zio, l'autore intendeva far conoscere agli italiani il proprio paese, che considerava spesso trascurato rispetto allo studio di paesi lontani, invitando a coltivare il sentimento nazionale, senza però prescindere da un'appartenenza regionale.
L'aspetto educativo comprendeva anche la critica per l'ozio e l'invito ai giovani a praticare attività fisiche come l'alpinismo.

Nel 1906 il titolo del libro fu anche usato per denominare e lanciare un nuovo formaggio, prodotto in Lombardia, il Bel Paese Galbani.
Sulla confezione era riportato il ritratto di Antonio Stoppani.

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I paesaggi del cibo
Luoghi e prodotti della nostra terra


Cibo e paesaggio, prodotti e territorio sono i temi di cui si scrive in queste pagine e dei quali il Touring Club Italiano si occupa da oltre 100 anni, con la consapevolezza che ormai quasi sempre la buona tavola è incentivo al viaggio ma insieme deve diventare stimolo a un nuovo modo di fare turismo.
Conoscere i paesaggi del grano, del vino e dell'olio, della carne e del latte, della frutta e della verdura, senza dimenticare i molteplici paesaggi del bosco e dell'acqua, consente pertanto di svelare il circuito di relazioni e la condivisione di metodi che da secoli caratterizza la cultura alimentare italiana.
Questo volume vuole essere un invito alla comprensione della storia dietro la geografia (e della geografia dietro la storia) e una ''guida alla lettura'' che aiuti a capire i significati degli spazi dove viviamo, i tanti modi in cui il territorio è ordinato e come tutto ciò si traduce in termini di risorse alimentari, la cui straordinaria varietà ha generato una cucina famosa in tutto il mondo.

Collana: Divulgazione E Illustrati
Editore: Touring Editore
Pagine: 304
Anno edizione: 2017 

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Viaggio in Italia

(il Mulino n. 6/2017)

Racconto di un Paese difficile e bellissimo


60 anni dopo Piovene si può dire qualcosa del nostro Paese ricorrendo alla formula del «viaggio in Italia».
Questo numero monografico è un racconto composto lungo la Penisola grazie a una straordinaria rete di collaboratori che, il nostro Paese, lo studiano e lo analizzano per mestiere ogni giorno.
Via via che arrivavano le corrispondenze dalle varie città, dalle regioni, dai territori maturava l’impressione che questo viaggio aggiungesse diversi elementi alla comprensione di un’Italia che, paradossalmente, viene descritta con regolarità da grafici e tabelle, con abbondanza di cifre e percentuali, ma che in realtà non conosciamo se non in piccola parte.
Siamo sommersi di dati e conosciamo così poco quel che succede nel nostro Paese, specie nel nuovo secolo e con la grande crisi.
Un paradosso che si può cogliere nella ripetitività dei commenti a molte analisi macro - dopo un rapporto annuale sull’economia, dopo un’indagine demografica, dopo l’ennesima rappresentazione statistica - e che ci conducono il più delle volte alla stessa conclusione: siamo un Paese alla deriva, destinato inesorabilmente a declinare, nonostante sacche più o meno piccole di eccellenza sparse qua e là.
Ma è davvero così?

BOLOGNA / MODENA / PARMA / PISTOIA / PRATO / FIRENZE / PISA / SIENA / L’UMBRIA / IL LAZIO / LE CITTÀ DELLA CAMPANIA / NAPOLI / NAPOLI, LA CITTÀ DI SOPRA / SALERNO / COSENZA / CATANZARO / LA CALABRIA / CATANIA / SIRACUSA / RAGUSA E GLI IBLEI / LE MADONIE / PALERMO / LA SARDEGNA / LA SPEZIA / LA VAL BORBERA / GENOVA / VENTIMIGLIA / IL CUNEESE / TORINO / LA VALLE D’AOSTA / VARESE / MILANO / MILANO, VIA PAOLO SARPI / BERGAMO / BRESCIA / IL TRENTINO / L’ALTO ADIGE / IL FRIULI / UDINE / TRIESTE / VENEZIA / TREVISO / VICENZA / PADOVA / FERRARA / LA ROMAGNA / LE MARCHE / ANCONA / L’ABRUZZO MERIDIONALE / FOGGIA E IL TAVOLIERE / BARI / LA MURGIA DEI TRULLI / IL SALENTO / TARANTO / MATERA / LA BASILICATA / CAMPOBASSO / L’AQUILA / ROMA / ROMA, LA CITTÀ PERIFERICA

Questo volume, frutto di un progetto collettivo nato in seno al comitato di direzione della rivista «il Mulino», è curato da Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata all’Università di Bari, e da Bruno Simili, vicedirettore della rivista.


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Il Viaggiatore Immaginario
L'Italia degli itinerari perduti
1997

Attilio Brilli, ordinario di Letteratura americana all'Università di Siena, e uno dei maggiori esperti di letteratura di viaggio e del viaggio in Italia, il Grand Tour. Il trittico «Il viaggio in Italia» (1987), «Il Petit Tour» (1988), «Le città ritrovate» (1989) è stato tradotto in varie lingue; «il romanzo del Grand Tour», tradotto in tedesco, vincitore del premio «Orient-Express».
La sua conoscenza profonda della letteratura straniera, lo rende il miglior interprete dello spirito e della filosofia che è alla base dei viaggiatori alla scoperta dell’Italia.

Il libro in questione, “Il Viaggiatore immaginario”, edito dal Mulino nel 1997, tra quelli scritti da Attilio Brilli, è probabilmente il miglior compendio di sintesi della letteratura di viaggio in Italia; un viaggio dei viaggiatori, itinerari italiani raccontati da diari di viaggio interconnessi.

Dalla tessitura di alcuni dei più battuti percorsi di un tempo - moniti silenti di antiche vie della storia, straordinari sermoni di pietra che sono le città collinari italiane, travolte dalle fragorose autostrade - scaturisce il suggerimento di itinerari evocativi, da gustare con l’immaginazione, ma, allo stesso tempo, da sperimentare con inventiva, come se proponessero una del presente attraverso la rilettura itinerante del passato.
Gli itinerari i luoghi e i territori scelti e proposti hanno comunque un valore esemplificativo ed educativo, sollecitando il lettore a guardare con occhi nuovi anche altri contesti; soprattutto intendono costruire un antidoto contro l’omogeneizzazione, la perdita di identità e l’usura dei luoghi più cari alla memoria universale.
Il viaggio, qualunque ed ovunque esso sia, si svolge sempre nel tempo e nel suo tempo, nello spazio, lasciando al viaggiatore il compito di dipanare il filo di chi lo ha preceduto nella descrizione del luogo, condividendone l’esperienza.
Nessuna conoscenza di un antico itinerario, di un luogo o di una città è, infatti, possibile prescindendo dalla storia della loro scoperta, del loro progressivo imprimersi nell’immaginario collettivo.
Al culmine di questi itinerari, percorsi e città saranno ad un tempo reali ed irreali, materiali ed immateriali, fatti di pietra e di mattoni, ma anche dell’impalpabile sostanza dell’immaginazione, del desiderio e del sogno.

L’incipit del libro, nella prima pagina ci chiarisce la filosofia di fondo delle successive 143 pagine.
Muoversi o viaggiare? In un’epoca che ha ratificato la dissoluzione del mito del viaggio attraverso l’Italia come un impareggiabile occasione di piacere e di accrescimento culturale, e che nel contempo ci restituisce una realtà ambientale sempre più erosa dalla consuetudine, sempre più offesa dall’invadenza (e dalla mano) dell’uomo, sì da non lasciare che margini esigui all’immaginazione creatrice, questo volume invita il lettore, potenziale viaggiatore, a fruire di quei lembi estremi per riscoprire i percorsi di un tempo e con essi le antiche magie del paesaggio. Ciò significa lasciarsi sedurre dalle pagine di quanti ne fecero materia narrativa e dai taccuini di chi intese esercitarvi la propria capacità di analisi.
Significa altresì instaurare un gioco di simulazione con un altro genere di viaggio che non sia il nostro, con agi e disagi assai diversi da quelli a cui siamo abituati - o a cui si è costretti - con un tempo che non è più il nostro tempo.

Mentori e guide in questi antichi percorsi della seduzione viaria sono celebri scrittori e viaggiatori provetti. Tramite la loro voce lontana prendono forma sotto i nostri occhi disincantati i contorni di una realtà ambientale per molti aspetti inimmaginabile; i profili bluastri di città sconosciute a noi forestieri in casa propria, le pratiche dilatorie di un viaggio altrimenti irrevocabile nei suoi incanti inattesi, nella remunerazione delle soste forzate: «Quelle rapide e poi, quasi a caso, recuperate immagini d’una annotazione che fu attenta negli anni», come diceva Gadda nelle “Meraviglie d’Italia”, quel saper coniugare distanza e desiderio che unico frena l’incauto prorompere degli entusiasmi e per altro verso dei rancorosi sarcasmi.

Potremmo sostenere allora che questo è un viaggio condotto sulle pagine di diari e di guide di Viaggiatori d’altri tempi: nulla di più naturale, diciamo, visto che fra viaggiatori di momenti, tempi e culture diverse si è da sempre stabilita una tacita connivenza.

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Memorie historiche dell'illustrissima, famosissima, e fedelissima città di Catanzaro
Vincenzo D'Amato
1670

«Entrò vittorioso Roberto [il Guiscardo] anno 1055 - si fè giurare homaggio e conoscendo, che il dominio della Calabria dipendeva assolutamente dall'assicurarsi di questa Piazza, sì per esser in sito naturalmente inespugnabile, come per star situata nel centro della Provincia, per dove con facilità si può tramandar a gli altri luoghi soccorso in tempo di guerra, vi fondò un fortissimo Castello in quell'estremo della Città, sopra un masso di scoglio al di fuori tagliato, con torri e bastioni sì bene intesi, che alla fortezza sua naturale congiunti, lo resero sicuri di batteria e di scalate ... » (Vedi volume con testo completo)

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Viaggio in Italia (Italienische Reise)
Johann Wolfgang Goethe
1786-1788

JohannWwolfang Goethe è in Italia fra il 1786 e il 1788, ma pubblica la prima delle tre parti del suo Viaggio in Italia, soltanto nel 1816, ventotto anni dopo, sulla base di diari e lettere destinati alla signora von Stein, a Herder e agli amici di Weimar.

«se mi propongo di scrivere parole, sono sempre immagini quelle che sorgono ai miei occhi: della terra feconda, del mare immenso ...».

Goethe muove alla ricerca di un'Italia metafisica, di minerali e strati geologici da classificare e di opere d'arte da studiare; ricerca fra le colonne e le vestigia più intatte, la testimonianza di una civiltà eccelsa. Quindi non si propone come meta primaria lo studio delle condizioni sociopolitiche. Questa priorità di interessi non esclude la sensibilità per i caratteri e i costumi degli italiani, che non sono idealizzati secondo il cliché inaugurato dai romantici, ma osservati con un senso acuto per la realtà della loro natura.

«… Il venir sempre a contatto con nuova gente mi permette di raggiungere pienamente il mio scopo: per avere un’idea viva dell’intero paese, è necessario ascoltare i discorsi che fanno tra loro. E’ incredibile come nessuno vada d’accordo con l’altro; le rivalità provinciali e cittadine sono accesissime, come pure la reciproca intolleranza; i ceti sociali non fanno che litigare, e tutto ciò con una passionalità così acuta e così immediata che, si può dire, da mane a sera recitano la commedia e fanno mostra di sé.»

Così si spiega l'indifferenza del poeta per le divisioni e i confini fra stati e staterelli che allora costituivano la fisionomia della Penisola e che erano destinati, a poco più di un decennio dalla sua partenza, ad essere cancellati dalla storia da Napoleone Bonaparte: il Vescovato di Trento o la Repubblica di Venezia, o ad essere decurtati dei loro territori come l'allora decrepito Stato Pontificio, o squassati nella monotonia di un letargo secolare, come il Regno delle Due Sicilie. 
Esulano dagli orizzonti di Goethe, sia la declinante Repubblica di Genova, sia il vitale Regno di Sardegna, troppo poveri di monumenti e statue classiche; mente la Lombardia austriaca sarà attraversata da Goethe solo durante il ritorno per soddisfare l'ansia di vedere, a Milano, il Cenacolo di Leonardo.
Una delle riserve più frequenti da parte dei lettori della Italienische Reise è la parzialità, potremmo dire la faziosità, di questo viaggiatore sui generis, che trovandosi in Italia, non si ferma più di tre ore a Firenze, perché smanioso di arrivare al più presto a Roma; passa per Assisi e non degna di uno sguardo la chiesa di San Francesco; a Roma trascura Santa Maria in Trastevere e a Palermo le meravigliose Cattedrali arabo-normanne. 
L'elenco potrebbe continuare all'infinito, anche perché il viaggio di Goethe per il sud si svolge sul lato tirrenico, dimenticando Marche, Abruzzi e Molise, Basilicata, Puglia, e saltando a pié pari la Calabria, raggiungendo la Sicilia via mare da Napoli; viaggio che, per altro, sarà rapido e molto parziale.
Goethe in Italia si accosta con impegno alla Storia dell'Arte nell'antichità di Winckelmann, il quale gli insegna il metodo storico basato sullo studio delle successioni degli stili, diverso dalle concezioni tardoromantiche di Vasari, che limitava la sua indagine a una serie cronologica di biografie di artisti. 

L'Italienische Reise si inserisce in una lunga tradizione dell’amore degli intellettuali tedeschi per l’Italia, terra d'elezione per perfezionare il proprio iter di artista: un esempio dei più paradigmatici è Albrecht Dùrer
Nel tardo Settecento il viaggiatore tedesco esigente che voleva percorrere la penisola si serviva di un’opera enciclopedica, in tre grossi volumi, stampata a Lipsia fra il 1770 e il 1771. Il titolo merita di essere tradotto integralmente perché chiarisce gli intenti su materia e metodo: «Notizie storico-critiche d’Italia che contengono una descrizione precisa di questo paese, degli usi e costumi, della forma di governo, commercio, economia, dello stato delle scienze e in particolare delle opere d’arte insieme con un giudizio su di esse. Composta sulla base delle più recenti descrizioni di viaggio francesi e inglesi e di annotazioni originali dal dr. JJ. Volkmann»
Il quale, nella prefazione, riconosce i debiti ai suoi numerosi predecessori, specie francesi, e in particolare alla summa enciclopedica dell’Italia, in otto volumi in dodicesima, uscita nel 1769: Jéréme de Lalande, «Voyage d’un Frangois en Italie, fait dans les années 1765 et 1766, Contenant l’Histoire et les Anecdotes les plus singuliers de l’Italie, et sa description; les Moeurs, les Usages, le Gouvernement, le Commerce, la Littérature, les Arts, l’Histoire Naturelle et les Antiquités; avec des jugements sur les Ouvrages de Peinture, Sculpture et Architecture et les Plans de toutes les grandes villes d’Italie, Venise et Paris, 1769»

I titoli per esteso rivelano la meticolosità catalogatrice di queste guide redatte con i criteri universali seguiti dai redattori della Encyclopédieil consigliere più vicino a Goethe nel suo viaggio è sempre il Volkmann; i suoi tre volumi fanno parte del bagaglio del poeta quando parte da Karlshad. Soltanto per la Sicilia avrà bisogno di rivolgersi a un’altra fonte, Johann Hermann Riedesel, «Reise durch Sizilien und Grossgriechenland". "Zwei Sendschreiben an Winckelmann», Zurick 1771, in quanto la descrizione del Volkmann si arrestava a Napoli.

Tra gli altri libri sull'Italia, l'8 marzo 1818, Goethe  scriveva all'amico Zelter per sollecitargli la lettura  di un libro curioso, «Rome, Naples et Florence en 1817»  titolo di un racconto di viaggio di Stendhal, il cui titolo non corrisponde esattamente al contenuto del libro: il viaggio dell'autore avviene anche attraverso diverse altre città italiane.

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Passeggiate per l'Italia (Wanderjahre in Italien)
1856-1877

Nella primavera del 1852 Ferdinand Gregorovius decise di partire per l'Italia: Il 2 aprile 1852 lasciai la città di Königsberg si legge alla prima annotazione dei suoi Diari romani, e, poco più avanti, Il 19 aprile entrai in terra d'Italia, a Venezia.

Il viaggio di Gregorovius verso il sud (che diventerà un soggiorno più che ventennale, soprattutto a Roma), che fruttò la scrittura di cinque volumi, non ha la natura del Grand Tour che da alcuni decenni conduceva i giovani ricchi del nord Europa verso il mondo mediterraneo, ma fa piuttosto pensare a quel tipo di "emigrazione intellettuale" che nei secoli precedenti era stata caratteristica degli artisti - soprattutto figurativi, e generalmente ricchi solo del proprio genio - che scendevano in Italia per confrontarsi con l'arte classica e farvi fortuna. 
Poi, certo, c'è Goethe, come modello di attenzione e di sensibilità. Ma la caratteristica tutta propria di Gregorovius è che con lui non arriva un pittore ma uno storico, non un giovane da educare, ma un uomo di trent'anni in cerca delle tracce materiali del proprio mito personale e, certamente, della propria "fortuna", intesa in senso latino, cioè del proprio destino, di cui vede ancora solo confusamente la forma, ma percepisce l'urgenza.

In Italia Gregorovius rimase ininterrottamente fino al 1860, e complessivamente per più di vent'anni. 
Prima ancora di arrivare a Roma andò ad esplorare la Corsica, allora assolutamente selvaggia. 
Tra il 1852 e il 1853 continuò la propria esplorazione mediterranea con viaggi in Ciociaria (dove rimase estasiato alla vista dell'Acropoli di Alatri), a Napoli e in Sicilia. 
Da ognuna di queste esperienze - si trattava di veri viaggi, da un mese o due, fitti di curiosità (non solo letterarie e artistiche, ma anche naturalistiche e - diremmo oggi - sociologiche) e di contatti con le persone del luogo; nascevano scritti e relazioni intellettuali e umane: la Corsica gli fece una forte impressione, che egli trasferì in un saggio che fu presto tradotto in Francia e in Gran Bretagna, e le sue relazioni con le persone incontrate in quell'occasione durarono per anni; su Capri, oltre a note sparse, scrisse un saggio trent'anni dopo; l'incontro con la Sicilia produsse idilli, frammenti e molte traduzioni di Giovanni Meli.

Nel 1877, a Lipsia, diede alle stampe un volume sulla Puglia, regione che apprezzò molto e che fu oggetto di attente ricognizioni. 
L'opera nel 1882 sarà tradotta in italiano da Raffaele Mariano, con il titolo «Nelle Puglie», provocando anche delle vive polemiche contro il punto di vista troppo "tedescocentrico" dell'autore.

I primi anni a Roma furono comunque duri. 
Lo stesso Gregorovius annota, il 9 maggio 1854: «Vivo completamente isolato, debbo lavorar sodo, per mantenermi a fior d'acqua»
Andò poi ad abitare, come molti altri intellettuali stranieri temporaneamente residenti a Roma, in una casa al civico 14 di via Gregoriana, dove restò dal 1860 al suo ritorno in Germania nel 1874, come ricorda la targa affissa sulla facciata.
Passeggiate per l'Italia vol 1 (testo in PDF) - La Campagna romana - I Monti Ernici - I Monti Volsci - Idilli delle spiagge romane - Il Circeo - Le sponde del Liri - Il Castello degli Orsini in Bracciano
Passeggiate per l'Italia vol 2 (testo in PDF) - Subiaco - Attraverso l'Umbria e la Sabina - Il Ghetto e gli Ebrei di Roma - Macchiette romane - Storia del Tevere - L'impero, Roma e la Germania - Una settimana di Pentecoste in Abruzzo

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Vecchia Calabria (Old Calabria)
Norman Douglas
1907-1911

Vecchia Calabria di Norman Douglas racconta un viaggio attraverso la Calabria avvenuto tra il 1907 e il 1911. La prima edizione in inglese fu pubblicata nel 1915, mentre la prima edizione italiana fu pubblicata nel 1962.

Vecchia Calabria è giudicato uno dei migliori libri di viaggio sulla Calabria. L'autore ripercorre l'itinerario, da Lucera a Crotone, descritto in due precedenti reportage di viaggio: «La Grande Grèce» dell'archeologo francese François Lenormant e «Sulla riva dello Jonio» (By the Ionian Sea) dell'inglese George Gissing. 
Douglas si interessa soprattutto al paesaggio, esotico e lussureggiante, e agli abitanti, ricchi di vitalità, facendo spesso riferimento all'archeologia e alle vicende storiche dell'età classica. 
Nonostante le dotte citazioni e i riferimenti letterari, nel testo di Douglas sono frequenti le considerazioni sulle condizioni sociali ed economiche della Calabria dei primi del XX secolo (per es. la malaria o il brigante Giuseppe Musolino). 
Per Douglas l'ambiente calabrese, pur aspro e difficile, contrasta con la "patologica mestizia degli uomini del Nord Europa".

Douglas parla anche di alcune zone della Basilicata, soprattutto il Pollino e Venosa, ove espresse anche un elogio ad un monumento della città di Orazio, il Complesso della SS. Trinità.

Douglas scrive Old Calabria nel 1915, di ritorno dal suo secondo viaggio nella regione, tra una piccola stanzetta alla periferia di Londra e la mitica sala di lettura del British Museum. 
Old Calabria non è solo un gran libro di viaggio ma anche un’aggiornata e utile “enciclopedia” sulla realtà calabrese, un eccellente strumento di divulgazione della Calabria. 
L’elenco delle curiosità e degli interessi dell'autore é impressionante. Tutto quello che l’occhio riesce a scorgere, subito lo riguarda: Douglas non è mai indifferente o distratto.
Lo interessano le chiese, che lo entusiasmano a patto che siano austere e antichissime, i ruderi di monasteri, le celebrazioni liturgiche albanesi, la religiosità e la superstizione. 
Ma anche la vita profana e civile, i volti della gente comune, le posture di solitari pastori, le scritte sui muri, le ingenue pubblicità paesane, i murales di protesta, il culto della pulizia.
Il controllato lirismo di Douglas si scioglie e prorompe, però, in presenza del paesaggio calabro al punto che quando ci trasporta in Sila e ci fa accampare sotto il pino laricio, noi lettori quasi rabbrividiamo per il brusco passaggio dalla luce all’ombra e dalla canicola al refrigerio.

Unanimamente considerata l'opera migliore di Douglas, Old Calabria è stato tradotto in tutte le lingue conosciute dell'epoca. (www.oldcalabria.it/grand-tour-norman-douglas)

Capitoli
Lucera Saracena - La città di Manfredi - L'angelo di Manfredonia - Culto cavernicolo - Terra d'Orazio - A Venosa - La fonte Bandusia - Coltivatori del suolo - Viaggio ancor più a sud - Il frate volante - Vicino al mare interno - Molle Tarentum - Nella giungla - I draghi - Bizantinismo - Riposo a Castrovillari - L'antica Morano - Gli intrusi africani - Gli altipiani del Pollino - Una festa in montagna - Milton in Calabria - La "Greca" Sila - Gli albanesi e il loro collegio - Un chiaroveggente albanese - Arrancando verso Longobucco - Fra i Bruzi - Brigantaggio calabro - La grande Sila - Caos - Verso Montalto - Santi meridionali - L'Aspromonte calamita delle nuvole - Musolino e la legge - Malaria - Da Caulonia a Serra - Ricordi di Gissing - Cotrone - Il saggio di Crotrone - Mezzogiorno a Petelia - La Colonna

Norman Douglas nasce a Thüringen nel 1868
Innamorato del Sud d¹Italia, lo percorse in lungo e in largo e gli dedicò alcuni libri famosissimi: Siren Land (1911), South Wind (1917) e Old Calabria (1915), quest'ultimo il migliore di tutti. 
Il corteggiamento di Douglas al Mezzogiorno cominciò presto. 
Nel 1888 visitò il Bel Paese per la prima volta e questo viaggio fu per lui, come lo era stato per altri nordici, una resurrezione fisica e morale. 
Nel 1896 comprò una villa a Napoli, alla Gaiola, sulla punta di Posillipo, e la chiamò Villa Maya. 
Diplomatico in eterno congedo, senza una gran voglia di riprendere servizio a San Pietroburgo, abitò lì fino al 1904 quando, divorziato e impoverito, si trasferì a Capri, a Villa Daphne. 
Nel 1907 visitò la Calabria per la prima volta. 
Vi ritornò nel 1911 e poi ancora nel 1937. 
Della Calabria Douglas amava la natura selvaggia, i mari cristallini, le popolazioni fiere e il sovrapporsi di tracce e memorie storiche. 
Curioso di tutto, audace, astuto, resistente al disagio, poliglotta, sessualmente eccentrico, osservatore di costumi e riformatore della politica, interclassista e conservatore, democratico e alla mano nel tratto, ma grande gentiluomo, simpatetico ma non sentimentale, Douglas rappresenta un¹esperienza umana e una lettura rinfrancanti, istruttive e divertenti; e soprattutto così acute da essere in anticipo sui nostri tempi e sulle nostre idee. Muore a Capri nel 1952

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Itinerario Italiano
Corrado Alvaro
1933

Negli anni trenta, per le contraddittorie strade della Penisola Corrado Alvaro, allora giovane ma già noto narratore: in bilico tra disposizione cosmopolita e idillio paesano, la raccolta di prose "Itinerario italiano" costituisce una delle prove migliori di quella stagione letteraria. 
È la ferita ancora aperta della guerra a dare avvio al suo viaggio. 
Dalla Bassa Ferrarese alla Maremma, all'Abruzzo, alle terre napoletane, alla Calabria, attraverso paesaggi, architetture e topografie dei centri minori e delle città, incontrando i mille e faticosi mestieri degli uomini e delle donne, lo scrittore intraprende una ricerca che è storica, etica e autobiografica a un tempo, e giunge a una verità più profonda e universale: è la provincia la chiave interpretativa della civiltà italiana, da tutelare contro ogni eccessivo tentativo di accentramento. 
La forza dell'Italia è solo in essa, la sua fortuna futura è esclusivamente affidata alla capacità di conservare, entro un tessuto umano in esposizione, quell'«intelligenza, qualità, tecnica, individualità, personalità che rappresentano l'eredità principale che ogni emigrante porta con sé dal suo piccolo municipio; la rovina della nazione, viceversa, non può non coincidere con la rescissione radicale di ogni legame con la terra d'origine

E' il diario puntuale, quasi una sceneggiatura di un film che, agli occhi di un sessantenne come me, pare visto e ricordato ma con un leggero fuori registro per scene ormai scomparse già ai mie tempi, ripercorrendo i luoghi trentanni dopo.

«Se l’Italia avesse dovuto riassumere in una sola esperienza la sua fatica a vivere, non avrebbe potuto inventare di meglio.
È lo stato naturale del popolo italiano: allo stesso modo e con la stessa fatica si procurano in qualche regione il pane e l’acqua, con la stessa pazienza rimangono dove la natura ha distrutto ogni cosa.
Ricominciamo: enormi e pietosi bambini. 
Ma il cannone abbrutisce, non rimane che il corpo, e il corpo è abituato a resistere. Hanno inventata una guerra, alla fine, per i contadini e i montanari, per i fabbricatori di case, per i minatori, i facitori di argini, i costruttori di strade. La guerra è diventata una quintessenza della fatica umana più primitiva».

[vai al post dedicato al libro dove potrai anche trovare i link ai podcast di lettura dei capitoli]

Corrado Alvaro nasce a San Luca, un piccolo paese nell'entroterra ionico calabrese, ai piedi dell'Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, primo di sei figli di Antonio, un maestro elementare, e di Antonia Giampaolo, figlia di piccoli proprietari.

Nel 1905 si trasferisce nel collegio gesuita di Villa Mondragone a Frascati, diretto dal famoso grecista Lorenzo Rocci. 
Corrado passa cinque anni in questo collegio, frequentato dai rampolli dell'alta borghesia romana e quindi dalla futura classe dirigente italiana, studiando avidamente e cominciando a comporre le prime poesie. 
Nel 1910 è costretto a lasciare Villa Mondragone per aver praticato letture non autorizzate.

Compì i suoi studi liceali presso il Galluppi di Catanzaro, dove nel 1913 conseguì la licenza liceale e dove rimase fino al gennaio del 1915, anno in cui partì militare per combattere la Prima guerra mondiale. 

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Viaggio per l'Italia
Lettere d'amicizia a Silvio Pellico 1833 - 1834
Marchesa (Juliette Colbert) Giulia di Barolo
1833-1834

45 lettere a Silvio Pellico che rivelano gusto e piacere descrittivo della Marchesa di Barolo che, senza mai avere i toni cattedratici o saccenti dell’erudito“dipinge con le parole”; un vero diario fatto di racconti, innestato di considerazioni emozioni vere e profonde.
Il suo stile epistolare è esteticamente valido in quanto suscita sensazioni che prescindono dalla forma e vanno nella profondità del cuore o attraggono nella altitudine della mente. 
Un senso di meraviglia per il bello aleggia nei racconti e nelle riflessioni, o si insinua negli stupori di scoperte archeologiche: tutto è così vividamente tratteggiato che ci si sente coinvolti e immersi in quelle atmosfere. 
I luoghi visitati sono molti, le parole per descriverli poche ma sentite e ricche di significato, lungo itinerari che vanno da Firenze e dintorni al lago Trasimeno e alla strada per Roma; quindi Roma e i suoi itinerari museali, spirituali ed architettonici; poi, giù giù per la Campagna Romana le Paludi Pontine, fino a Terracina. Napoli, Benevento e la Campania con i suoi luoghi archeologico. Per tornare e finire a Ravenna.

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Ricordanze della mia vita
volume primo
capitolo  X - Catanzaro
capitolo XI - Calabria
Luigi Settembrini
1835-1837

lo scrittore e patriota Luigi Settembrini - napoletano trasferìtosi con la moglie dopo aver vinto nel 1835 il concorso per la cattedra di Eloquenza e Greco nel liceo Galluppi di Catanzaro - legato alla città da un particolare rapporto affettivo: «Io le voglio un gran bene a quella città di Catanzaro, e piacevolmente mi ricordo sempre di tante persone che vi ho conosciute piene di cuore e di cortesia, ingegnose, amabili, ospitali. 
La città è sita sovra un monte in mezzo della Calabria: dietro le spalle le van sorgendo altri monti sino alla gran giogaia della Sila, che di verno si vede coperta di neve, e su la neve sorgono nereggianti i pini: dinanzi le sta un vastissimo terreno ondulato di colline che sono sparse di giardini, di orti, di case, di vigne, di oliveti, d’aranceti, e di pascoli dove biancheggiano armenti: e tutto quel terreno si curva in arco sul mare Ionio che tra i capi Rizzuto e Badolato forma il golfo di Squillace. 
Il mare è distante da la città sei miglia, ma ti pare di averlo sotto la mano, e ne odi il fragore: vi si discende per una strada che va lungo un torrente, e quando sei su la riva trovi un villaggio che chiamano la Marina, dove i signori hanno loro casini e la primavera vanno a villeggiare.» 
Così recita l'l’incipit del X capitolo del primo volume delle sue «Ricordanze della mia vita» che Settembrini dedica interamente alla città. (leggi tutto il testo dei capitoli X e XI)

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Viaggio in Italia
Guido Piovene
1953-1956

Nell'incipit della prefazione al volume, Piovene spiega che «Quest'inventario delle cose italiane fu fatto per incarico della Rai e affidato, via via che lo andavo scrivendo, alle onde radiofoniche.»
Cominciò da Bolzano il Viaggio in Italia di Guido Piovene, e proseguì regione dopo regione, città dopo città, fino a coprire ogni landa, anche la più dimenticata. 
Andar piano e fermarsi spesso, questa la filosofia del viaggio che interessa a Piovene; perché gli interessa conoscere bene i borghi e le città che attraverseranno, respirarne l’aria, parlare con chi ci vive. Insomma, pensa quasi a uno Slow tour, come quelli che facevano i viaggiatori del Grand Tour. 

Piovene progetta un racconto ancorato alla realtà e ideologicamente non contaminato, non ottimista o pessimista a priori. 
Un diario costruito su ciò che incontrerà e che scoprirà, scritto in maniera disincantata ma partecipe. 
Offre riflessioni sull’identità di un Paese appena uscito dalla guerra e che vede l’alba del miracolo economico, ma con un popolo che rimane sempre uguale, diremmo fedele, a se stesso, se si ha avuto modo di leggere i precedenti Viaggi in Italia di Goethe e Corrado Alvaro, distanti tra loro decine di anni.
Durò tre anni buoni quell'impresa radiofonica Rai, senza precedenti dalla quale scaturì un libro altrettanto senza precedenti, per la scrupolosità come un censimento, la fedeltà come una fotografia, circostanziato come un atto d’accusa.
L’Italia che Piovene visitò e descrisse è quella degli anni 1950, tra ricostruzione e boom economico, che dovrebbe apparire, a uno sguardo contemporaneo, antica e lontana. 
Invece risulta inaspettatamente simile a quella narrata da Goethe e da Corrado Alvaro (che tra parentesi raccontò un'Italia in fase di ricostruzione post bellica)
Piovene riesce, come un antropologo, a far emergere dal suo viaggio il carattere nazionale, quello immutabile, che resiste alle mode e ai rovesci della storia. 
Quel carattere che potrebbe essere riconosciuto e raccontato anche oggi con le stesse parole: illusioni agricole e industriali del Mezzogiorno, inficiate dalla mafia e dalla mentalità mafiosa che esprimeva una classe dirigente locale dalla scarsa moralità. 
Vale per lo spirito predatorio post-ricostruzione: «In nessun altro Paese sarebbe permesso assalire, come da noi, deturpare città e campagne, secondo gli interessi e i capricci di un giorno»
Vale per la logica brada e senza freni etici che si sta imponendo pur di allontanare lo spettro della miseria: «L’Italia è diventata il posto d’Europa più duro da vivere, quello in cui più violenta e più assillante è diventata la lotta per il denaro e per il successo».

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La lunga strada di sabbia
Pier Paolo Pasolini
1959

Estate 1959, per la rivista Successo, Pier Paolo Pasolini percorre la costa italiana al volante di un Fiat Millecento per realizzare La lunga strada di sabbia un ampio reportage sull’Italia tra cambiamento e tradizione, vacanza borghese e residui di un dopoguerra difficile. Un testo di grande bellezza che continua a colpire per la sua profondità e poesia.
A 40 anni di distanza, il fotografo Philippe Séclier ha ripercorso quello stesso itinerario, ritrovando tracce, immagini e memoria del grande scrittore e del suo memorabile ritratto dell’Italia.
Ora, per la prima volta, viene pubblicato il testo completo de «La lunga strada di sabbia», insieme al dattiloscritto originale di Pier Paolo Pasolini e alle fotografie di Séclier.
Un documento unico per tornare a conoscere, a 30 anni dalla sua morte, l’arte di un grande scrittore e intellettuale e riscoprire il forte legame che lo univa al nostro paese.
Un brivido profetico prende il lettore di oggi alla pagina dedicata al litorale romano, dove il poeta verrà assassinato quasi quarant’anni fa: «Arrivo a Ostia sotto un temporale blu come la morte. L’acqua svapora, tra tuoni e fulmini. I villeggianti sono stretti nei bar, sotto i capanni, con la coda tra le gambe. Gli stabilimenti, vuoti, paiono immensi»


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Un viaggio in Italia
Ceroneti, con questo libro, racconta l’Italia minore osservando ed ascoltando, passo passo.
Ha uno scrivere sincopato, un susseguirsi di appunti senza soluzione di continuità; interrotto da scene di vita ben illustrate come in una sceneggiatura: interno giorno, esterno notte, bambini in bicicletta, anziani che discorrono, nei bar, tra i vicoli, grida risate, angoli nascosti, vita vissuta quotidiana.
Si passa da un luogo all’altro, con cambi di scena e di personaggi senza dissolvenze.

Punta l’attenzione, ora su un personaggio, ora su uno scorcio su una scritta sul muro e perfino sui nomi di un citofono, per tornare di nuovo al personaggio o saltando in un altro luogo.
In un susseguirsi scomposto di voci suoni pensieri ragionamenti tra sé e sé, considerazioni, colti particolari, reminiscenze e rimandi letterari, digressioni filosofiche, appunti e spunti iniziati e non conclusi; pensieri in libertà si rincorrono contaminano, l’un l’altro, citazioni colte.

Guido Ceronetti, scrittore irriverente, nato nel 1927 a Torino, è un artista dai mille volti: filosofo, poeta, scrittore, giornalista, drammaturgo, ed anche traduttore dal latino e dall’ebraico antico.
La sua rilevante produzione letteraria è di un autore senza pari.
Ceronetti è anche un vegetariano convinto e sostenitore animalista, il suo motto è che per essere diversi bisogna iniziare dal nutrimento.

«Un viaggio in Italia» venne pubblicato la prima volta nel 1983, riedito da Einaudi nel 2014; l’editore lo volle a tutti i costi perché conosceva lo stile di scrittura graffiante e cinica del Ceronetti.
La sua intenzione non era pubblicare il resoconto di un viaggio, piuttosto una serie di annotazioni e appunti su di un’Italia vista con sguardo tagliente e smaliziato; pertanto l’autore, con una valigia piena di libri, viaggiando su treni e corriere, ha attraversato tutta l’Italia da Nord a Sud.

Ovunque ha guardato ha trovato tracce della trascorsa bellezza del fu Bel Paese, come la sua eccessiva nuova volgarità. vagabondando di giorno e di notte, tra scorci, piccole vie, chiese, monasteri e cimiteri ha osservato e annotato le scritte su muri e su lapidi, le insegne dei negozi e le targhe stradali.

D’altronde, solo questo resta da raccontare a chi viaggia in un’Italia dov’è in via di sparizione la Bellezza visibile, la vita in strada, la miseria, i mestieri, gli artigiani.

Causa per cui, in più casi le pagine del libro sono intrise di irritazione e sgomento, perché sopraffatto dai disastri delle nostre città, depredate e sporche, rese invivibili da rumori, auto, gente chiassosa; e ancora, muovendosi a piedi appena fuori dalle città, riporta annotazioni sulla visuale che appare, di un agglomerato di strade su strade, tremendi ponti di ferro, camion, tir, corsie con sbarramenti.
Territori oltraggiati dalle industrie, o come, per il grande fiume Po, dove domina la centrale idroelettrica e abbonda di scarichi industriali, dove un tempo, invece, era vissuto dall’uomo che tremava per le piene del fiume e benediva i doni grami e vitali del dio acquatico.

«Finché esisteranno frantumi di bellezza, qualcosa si potrà capire del mondo. Via via che spariscono, la mente perde la capacità di afferrare e di dominare.
Questo grande rottame naufrago col vecchio nome di Italia è ancora, per la sua bellezza residua, un non pallido aiuto alla pensabilità del mondo.»

La patria che Ceronetti ha in mente non è dunque lo Stato sorto dopo il processo di unificazione (su cui anzi esprime un giudizio impietoso), ma l’Italia, ancora essenzialmente virtuale, di Dante, Petrarca e Manzoni, le cui opere lo accompagnano, materialmente non meno che idealmente, nel corso del tragitto attraverso la Penisola.

Ma in questo viaggio iniziatico non si evocano soltanto scenari degradati e soccombenti, bensì anche residue scintille di bellezza «Questo grande rottame naufrago col vecchio nome di Italia è ancora, per la sua bellezza residua, un pallido aiuto alla pensabilità del mondo» e volti vivi, rari e isolati, certo, ma ancora non del tutto annientati dal male.
È il caso del singolare agricoltore - ancora una volta, simbolico custode dell’Italia invisibile -, al quale è dedicata una delle pagine più memorabili del libro: «un solitario aratore affondava l’erpice tirato da due magnifici cavalli bruni in un piccolo campo.
Era certamente conscio di essere, col suo campetto e i suoi cavalli da Iliade, condannato a sparire, eppure arava, con pazienza, con disprezzo, con umiltà, con sapienza.
Un Dio in incognito, un Dalai Lama in esilio, un simbolo, o più semplicemente un uomo forte e tranquillo.
Non sapeva che quel suo erpice è una spada, che il luogo dove arava ha il segreto nome di Termopili».

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L'Italia in seconda classe
2002

Cosa accade quando Paolo Rumiz partendo per il suo annuale viaggio di avventura agostana da raccontare sulle pagine di “Repubblica” sceglie di svolgerlo sulle ferrovie minori d’Italia, quelle che si sta cercando di far scomparire per poter alimentare il pozzo senza fondo dei Treni ad Alta Velocità, allora i pochi neuroni iniziano a vibrare come girini impazziti.

La prosa di Rumiz, colta, piena di rimandi e di fantastiche immagini sinestetiche; veri ed incisivi i ritratti dei personaggi da lui incontrati, sempre, anche nel corso di questo scassato viaggio lungo la Penisola Italiana, a bordo delle ferrovie italiche, assieme ad un misterioso accompagnatore - che solo verso la fine del viaggio si svelerà, suo malgrado, come l'attore Marco Paolini - nome in codice “740”, come la gloriosa locomotiva che fu storia della strada ferrata italiana. 
Tra stazioni fantasma, rami secchi e moribondi, locomotori esausti e carrozze ai limiti della decenza, vecchi ferrovieri innamorati dei propri treni e giovani irriverenti, Rumiz ed il suo amico ci porgono il ritratto di un’Italia cialtrona, ancora una volta, lontana dalla realtà e dai territori.
E’ un’Italia ferroviaria quasi sconosciuta, fatta di pendolari, studenti, sfaccendati, disoccupati e farabutti.
Viaggio e libro sono del lontano 2002, e da allora la situazione non è cambiata se non in peggio.


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Non è per cattiveria- Confessioni di un viaggiatore pigro
2006

«Sono un uomo da pausa, non da arrivo.
È in quel momento che comprendo a fondo il senso del viaggio: girare attorno al traguardo, farsi trascinare da un istinto interiore, socializzare
con persone che puoi incontrare solo nelle pause, cambiare obiettivo, sentire il territorio sotto i tuoi piedi.»


Questo libro non è una guida scritta da un viaggiatore professionista per aspiranti viaggiatori professionisti. 
Non propone itinerari, non consiglia hotel, ristoranti o negozi tipici. 
Semplicemente, chi l'ha scritto non se l'è sentita di catalogare il mirabolante universo del Viaggio dentro le lineari coordinate di una guida di viaggio. 
Questo libro è peregrinazione impigrita, su e giù per i timidi tornanti molisani, riflessioni sorridenti di un viaggiatore suo malgrado. 
Non è per cattiveria, ma «come dice Parise, passano gli anni, ottieni quello che vuoi, ne passano altri e poi è finita. Ci vuole, dunque, una pausa».


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La leggenda dei monti naviganti
2007

«Ero partito per fuggire dal mondo, e invece ho finito per trovare un mondo: a sorpresa, il viaggio è diventato epifania di un’Italia vitale e segreta. 
Ne ho scritto con rabbia e meraviglia. 
Meraviglia per la fiabesca bellezza del paesaggio umano e naturale; rabbia per il potere che lo ignora.»

È un libro di viaggi in cui Paolo Rumiz narra di 2 viaggi, effettuati nel 2003 e 2006, sulle due maggiori catene montuose italiane, le Alpi e gli Appennini.

Un viaggio di 7.000 chilometri a bordo di una Topolino Fiat, che cavalca la gobba montuosa della balena-Italia lungo Alpi e Appennini, dal Golfo del Quarnaro (Fiume) a Capo Sud (punto più meridionale della Penisola). 
Parte dal mare, arriva sul mare, naviga come un transatlantico con due murate affacciate sulle onde ed evoca metafore marine, come di chi veleggia in un immenso arcipelago emerso. 
Trovi valli dove non esiste l'elettricità, incontri grandi vecchi come Bonatti o Rigoni Stern, scivoli accanto a ferrovie abitate da mufloni e case cantoniere che emergono da un tempo lontanissimo, conosci bivacchi in fondo a caverne e santuari dove divinità pre-romane sbucano dietro ai santi del calendario. 
E poi ancora ti imbatti in parroci bracconieri, custodi di rifugi leggendari, musicanti in cerca di radici come Francesco Guccini o Vinicio Capossela. 
Un'Italia di quota, poco visibile e poco raccontata. 
Le due parti - o forse i due "libri", alla maniera latina - del racconto, Alpi e Appennini, hanno andatura e metrica diverse. 
Le Alpi sono pilastri visibili, famosi; sono fatte di monoliti ben illuminati e percorse da grandi strade. 
Gli Appennini no: sono arcani, spopolati, dimenticati, nonostante in essi si annidi l'identità profonda della nazione. 
Questo racconto di "monti naviganti" è cominciato sul quotidiano "la Repubblica" ed è diventato un poema di uomini e luoghi, impreziosito da una storia "per immagini" della fotografa Monika Bulaj, che ha seguito Paolo Rumiz in alcune tappe di questa avventura.

Le Alpi
Dal mare alla Drava
Il viaggio comincia nell'Adriatico in Croazia, nei pressi di Fiume. Ricerca del punto d'inizio delle Alpi.
Dal Tagliamento al Vajont
Dal Piave all'Adige
Dalle cime del Brenta all'Inn
Dalle Venoste alla Valtellina
Da Chiavenna al Ticino
Dal Rosa al Bianco
Dal Gran Paradiso a Nizza

Gli Appennini
Da Savona alla Trebbia
Tutto cominciò nel buio: L'idea di fare un viaggio sugli Appennini venne a Rumiz dopo un servizio giornalistico sul nuovo traforo per l'alta velocità tra Firenze e Bologna. 
Le proteste contro l'impatto ambientale dei trafori ferroviari lo spinsero a conoscere meglio i monti che costituiscono la spina dorsale dell'Italia.
Il rettilineo non accorcia un bel niente: Il viaggio viene effettuato su una Topolino, un'auto vecchia e lenta, di proposito, per apprezzare maggiormente il paesaggio. 
Le regole del viaggio richiedono di usare solo strade secondarie ed evitare i centri abitati maggiori.
Dalla Val d'Arda alla Lucchesia
Dall'Abetone alla Romagna
Dal Montefeltro ai Sibillini
Dai monti Reatini al Molise
Dal Sannio all'Ofanto
Dagli Alburni al Pollino
Dal Crati a Capo Sud
Una birra, una tovaglia, la risacca: Discesa lungo la strada fatta da Garibaldi nel 1862 fino al punto più a sud della penisola.

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101 cose divertenti, insolite e curiose da fare gratis in Italia almeno una volta nella vita
2011

Nelle proprie città, nei luoghi di vacanza, al mare come in montagna. Basta saper cercare. 
A volte sono sotto i nostri occhi e non ce ne accorgiamo. 
In questo libro, Isa Grassano segnala le cose più curiose, per offrire una mappa ben chiara di un viaggio in Italia da Nord a Sud, godere di esperienze istruttive e divertenti senza spendere un euro. 
Ma al di là della gratuità, e forse ancora prima di essa, il vero valore aggiunto delle centouno cose elencate nel libro è la loro eterogeneità. 
E' una guida che presenta un campione davvero rappresentativo delle molte cose diverse ha da offrire il nostro paese nella sua naturale, spontanea vocazione turistica (.... vocazione che però noi facciamo del nostro meglio per non valorizzare).
Già, l’Italia è soprattutto questo stupore senza soluzione di continuità, paesaggi naturali ed umani. 

Il libro della Grassano è un portolano intelligente e colto arricchito da belle illustrazioni. 

Che non ci sia bisogno di impoverirsi per poter godere di tutta questa meraviglia, poi, è un inestimabile bonus e un necessario memento, in tempi come questi. 
Nel solco dell’insegnamento di un vero estimatore del Grand Tour, René de Chateaubriand, il quale ebbe a dire (in tempi non sospetti) «La vera felicità costa poco. 
Se è cara, non è di buona qualità».

La biografia di Isa Grassano
Giornalista free lance (Policoro (MT), 1972), iscritta all’albo dei Professionisti, da diversi anni collabora con le principali testate italiane di turismo ed enogastronomia (I Viaggi di Repubblica, Vie del Gusto) oltre a riviste femminili e specializzate (Elle, Tu, Cucina Naturale).
Cura la comunicazione e le pubbliche relazioni per Apt, Comuni, Associazioni ed enti privati. 
Organizza educational tour per giornalisti.
Realizza, in collaborazione con Hippo Productions, documentari turistici e d’attualità.

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L’arte del viaggiare lento: a spasso per l’Italia senz’auto
2012

Questo libro è un ottimo vademecum pieno di indicazioni utili che può essere portato nella tasca viaggiando sugli itinerari suggeriti dall'autore; può servire al pari di un orario ferroviario per la precisione dei dati contenuti.
Un diario di viaggi in Italia completato da orari, tariffe e moltissimi link, a tutti i siti delle linee utilizzate e di località e territori attraversati.
Afferma l'autore che è stata la sua grande passione per la narrativa di viaggio e per i mezzi pubblici a farlo diventare un “passeggero errante”, «Eh sì, perché dei tanti libri di viaggio letti alcuni mi hanno magicamente spinto a bordo di autobus e treni». 
Finisce il suo libro con questo consiglio: "Guardate poca televisione, leggete tanti libri e fate molti viaggi".
La scelta del mezzo di trasporto è venuta da sé e per andare dove voleva andare, ha scelto le corriere o i treni. 
L'autore nel suo libro cerca di raccontare l’efficienza di tante autolinee e ferrovie italiane che ogni giorno ci trasportano in giro su mezzi, nella gran parte dei casi, comodi, moderni, puliti e puntuali. Inoltre, la fitta rete del trasporto pubblico locale, a conoscerla bene e a potersi permettere il lusso di un viaggio lento e virtuoso, consente di raggiungere anche il più remoto angolo della nazione in maniera ecologica ed economica.
Il mezzo pubblico permette di viaggiare per le belle strade statali e/o provinciali che, soprattutto nell’entroterra e nelle zone montane, non sono ancora del tutto state deturpate dallo scempio paesaggistico messo in atto da amministratori locali poco lungimiranti. 
Inoltre, quando si è su un autobus di linea, attaccare bottone con gli altri passeggeri è un bel modo di conoscere il territorio e di fare nuove amicizie. 
Paolo Merlini classe 1968,  risiede a San Benedetto del Tronto anche se gli piace pensare di “vivere” altrove. 
Sbarca il lunario lavorando nella piccola azienda tessile di famiglia. 
Dall’adolescenza coltiva la passione per i viaggi lenti e da anni ha iniziato una ricerca sul sistema dei trasporti pubblici locali italiani. 
Nel 2008 ha iniziato a condividere in rete i risultati della sua ricerca scrivendo per alcune testate telematiche e sul sito del Movimento per la Decrescita Felice. 
Questo gli è valso l’appellativo di “esperto di vie traverse”. 
La sua storica rubrica si chiama “Viaggiare al tempo della decrescita” ed è pubblicata sul magazine online “IlCambiamento.it”. 
Collabora con il Movimento per la Decrescita Felice di Maurizio Pallante e con l’associazione francese Cyclo Camping International. 
Tutti i giovedì mattina parla di narrativa di viaggio (ma non solo) a EcoRadio, all’interno del programma “La centesima scimmia” di Marco Morosino. 
Il tempo che gli resta lo dedica a sua moglie Maria Luisa e ai suoi due figli Lorenzo e Stefano che sta da poco iniziando al viaggio con treni, autobus e bicicletta.

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Appia
Paolo Rumiz
2016

Paolo Rumiz è tornato sul tracciato di una grande strada romana, quella che dalla capitale conduceva, via Appennino, al porto di Brindisi: la porta d'Oriente.
Paolo Rumiz ha percorso a piedi, con un manipolo di amici, il tracciato di una grande via romana: l'Appia. 
Lo ha fatto spesso cavando dal silenzio della Storia segmenti cancellati, lo ha fatto ascoltando le voci del passato, lo ha fatto destando la fantasia degli increduli incontrati lungo il viaggio.
E ora ci chiama come un pifferaio magico a seguirlo con le nostre gambe e la nostra immaginazione lungo la via Appia - il nostro giubileo, la nostra Santiago di Compostela. 
Da Orazio ad Antonio Cederna (appassionato difensore dell'Appia dalle speculazioni edilizie), da Spartaco a Federico II, prende corpo una galleria di personaggi memorabili, mentre si costeggiano agrumeti e mandorleti, si incontrano le tracce di arabi e normanni e ci si interroga sui misteri della viabilità italiana, sull'incomprensibile abbandono dei luoghi della memoria. E intanto le donne vestite di nero, i muretti a secco, la musicalità della lingua anticipano l'ingresso nell'Oriente.
Al racconto di Rumiz fanno da contrappunto le mappe disegnate da Riccardo Carnovalini, che rielabora e mette a punto le tracce del percorso: un contributo prezioso e uno strumento utilissimo - considerata l'assenza di segnaletica - per chi volesse seguire le orme di Rumiz e dei suoi compagni di viaggio.
"Paolo Rumiz ci regala con questo libro un nuovo grande viaggio fatto di storie, voci, fantasmi, suggestioni. 
Una via mitica d'Europa che non è mai stata raccontata."

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Andare per treni e stazioni
2016

Il libro di Enrico Menduni, appartiene alla nuova collana "Ritrovare l'Italia" delle edizioni il Mulino.  
Menduni ci offre un viaggio nella memoria attraverso immagini di treni e stazioni, com'erano e come sono diventati, luoghi per esperienza e consuetudine ben radicati nella nostra cultura lungo un bel pezzo di Novecento.
L’autore sceglie per il suo libro, forse il primo di una serie, almeno nelle sue aspirazioni, l’itinerario Roma-Napoli, e ne delinea, per ogni fermata, la storia fino ai nostri giorni, concludendo il suo libro e viaggio, al Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa, esempio virtuoso di riuso e restauro delle officine borboniche che furono al servizio della prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici del 1839.
Una galleria arricchita da citazioni di romanzi, racconti, poesie, quadri e film che hanno parlato di treni.
Una realtà che, nel tempo, ha coinvolto contadini e aristocratici, borghesi e operai, studenti e imprenditori.
Tradizione e modernità in un intreccio raccontato con parole che evocano immagini, ricordi, suggestioni.

Enrico Menduni scrittore e documentarista, insegnante di Cinema e televisione all'Università Roma Tre, racconta come sono cambiate le stazioni, gli interni industriali nascosti dietro facciate teatrali, e i treni, le littorine di una volta fino ai bolidi più moderni.

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Elenco altre Opere Letterarie dedicate a Viaggi in Italia

Nouveau Voyage d'Italie, Maximilien Misson - 1691
Journal de voyage en Italie, Michel de Montaigne - 1744
Voyage en Sicile et en Italie, Patrick Brydone - 1773
Voyage d'Italie, D.A.F. de Sade - 1775-1776
Création de Voyage en Italie, Chateaubriand - 1803
Promenades dans Rome, Stendhal - 1829
Souvenirs de voyage : Une année à Florence, Alexandre Dumas -1841
Le Speronare, Alexandre Dumas - 1842
Création de Le Capitaine Aréna, Alexandre Dumas - 1842
Le Corricolo, Alexandre Dumas - 1843


Picture from Italy, Charles Dickens - 1846
La Grande Grèce, François Lenormant - 1881-1884
À travers l'Apulie et la Lucanie, François Lenormant - 1883
La vie errante, Guy de Maupassant - 1890
Création de By the Ionian Sea: Notes of a Ramble in Southern Italy, George Gissing - 1901
Heures italiennes, Henry James - 1909


Sardaigne et Méditerranée, DH Lawrence - 1921.
Le Voyage du condottière, André Suarès - 1932
Création de Voyage en Italie, Jean Giono - 1953
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