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Paolo Rumiz: tutti viandanti in cerca di noi stessi

Di sicuro, rispetto a qualche anno fa, oggi conosciamo peggio sia il nostro Paese sia i Paesi esteri. Mia nonna si muoveva lentamente nel suo territorio e quindi lo conosceva perfettamente. Noi spesso conosciamo il nostro territorio solo come pendolari, quindi non lo vediamo, anzi lo odiamo. D'altra parte i luoghi troppo lontani non li conosciamo, perché non possiamo fare la strada che c'è in mezzo, siamo costretti a prendere un aereo.
Meno male che c'è l'autostrada, grazie alla quale le altre strade italiane sono vuote: ci sono meravigliose strade minori che possono essere gloriosamente ripercorse, per certi aspetti con la stessa solitudine di cinquant'anni fa.
La lentezza ti fa vedere di più. Ma farei un discorso ancora più estremo: siccome vedi di più, i percorsi ti sono più familiari, tutto quello che incontri diventa molto più tuo che non se ci passassi ad alta velocità. La lentezza, anziché allungare i percorsi, li accorcia. Viaggiare sparati sul rettilineo significa non guardare nulla, annoiarsi, non vedere l'ora che finisca. Che, se ci pensiamo, sono le caratteristiche della galera...

La fatica è una componente importante, trovo assurdo che si stia fermi tutto il giorno per poi fare jogging sotto casa o ginnastica in palestra. Tanto vale camminare, andare in bicicletta, anche per arrivare in ufficio.

Il mezzo che tu cavalchi condiziona l'altro in modo determinante. Più tu sei solo e lento - e quindi con meno arroganza, velocità e clamore ti poni nei confronti della strada e del territorio degli altri - tanto più sarai accolto bene.

Bisogna premettere che oggi il mondo è meno interessante di trent'anni fa, e ancora meno di sessant'anni fa e di un secolo fa. Il dramma dei viaggiatori di oggi è che ci sono molte meno difficoltà e molti meno "altri" da incontrare. Come uscire da questa impasse? Intanto bisogna dire che la forza dell'avventura non è proporzionale alla distanza dei luoghi: si possono ancora seguire vecchi itinerari molto interessanti. È molto bello anche partire dalla soglia di casa propria, perché ti dà la misura del mondo. E questo è possibile anche dal centro di Milano: persino in posti come la Lombardia, intasata e appestata dal pendolarismo, si riescono ancora a trovare spazi di solitudine.

Le "vacanze solidali" sono tutte cose buone, però senza dimenticare che il vero grande viaggio, quello che fa crescere, è il viaggio da soli. Devi trovarti in difficoltà, devi superare momenti di malinconia, di nostalgia. Trovarti solo in una sera di primavera, sentire il rumore delle stoviglie nelle case degli altri, ricordarti che assomiglia a quello di casa tua... sono cose che ti rimettono in sesto tutti i valori. Il viaggio serve anche a questo, a conoscerci attraverso gli incontri con gli altri. Alla fine, il vero incontro è quello con noi stessi. Credo sia importante fare questa esperienza almeno una volta nella vita. Io continuo a farlo, non mi basta mai. (Intervista al mensile Il segno, luglio-agosto 2006)


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