Post in evidenza

Creatività di Henri Cartier Bresson

“Ho sempre avuto la passione per la pittura” scrive Cartier-Bresson. “Da bambino, la facevo il giovedì e la domenica, ma la sognavo tutti gli altri giorni”. Comincia prestissimo a disegnare. Abbellisce le sue lettere con disegni e riempie interi album di schizzi. Allo stesso tempo inizia a lavorare come fotografo dilettante. Dalla metà degli anni Venti, dipinge con regolarità presso Jacque-Emile Blanche o Jean Cottenet, prima di entrare nell’accademia di André Lhote. I suoi più antichi dipinti conservati risalgono al 1924 e in essi è evidente la traccia dell’influenza di Paul Cézanne. Nell’atelier di André Lhote il ragazzo contrae il virus della geometria. Le tele da lui dipinte tra il 1926 e il 1928 sono composte accuratamente, seguendo i principi del numero d’oro. Nello stesso periodo, Cartier-Bresson comincia a frequentare i surrealisti e a realizzare collage, seguendo l’esempio dell’amico Max Ernst.

L’opera fotografica di Henri Cartier-Bresson è il prodotto di un insieme di fattori combinati: una certa inclinazione artistica, un assiduo apprendistato, un po’ di atmosfera del periodo, aspirazioni personali, molti incontri. Vede la luce negli anni Venti, sotto il doppio segno della pittura e della fotografia, praticate prima  in modo amatoriale e poi sviluppatesi attraverso tappe fondamentali come il viaggio in Africa, tra il 1930 e il 1931. Reca le tracce del suo amore per l’arte: delle ore passate a leggere oppure a guardare dipinti nei musei. È stata profondamente segnata dall’insegnamento di André Lhote e dalla frequentazione degli amici americani: Julien Levy, Caresse e Harry Crosby, Gretchen e Peter Powel. Il primo lo educa ai piaceri della composizione. Insieme agli altri, scopre le fotografie di Eugène Atget e quelle della Nuova Visione. Il primo Cartier-Bresson è il prodotto di queste diverse influenze: una complessa alchimia. 

Grazie a René Crevel, conosciuto a casa di Jacques Émile Blanche, Cartier-Bresson comincia a frequentare i surrealisti nel 1926. “Troppo timido e troppo giovane per prendere la parola”, come racconterà in seguito, assiste “in fondo al tavolo” a qualche riunione con André Breton nei caffè di Place Blanche. Di tali frequentazioni, gli resteranno alcuni motivi emblematici dell’immaginario surrealista: gli oggetti impacchettati, i corpi deformati, i sognatori a occhi chiusi, ecc. Ma è soprattutto l’atteggiamento surrealista a segnarlo: lo spirito sovversivo, il gusto del gioco, lo spazio lasciato all’inconscio, il piacere degli andirivieni urbani, la predisposizione ad accogliere il caso. Cartier-Bresson sarà particolarmente sensibile ai principi della bellezza convulsa, enunciata da Breton e la metterà in opera nel corso degli anni Trenta. Da questo punto di vista, è forse uno dei fotografi più autenticamente surrealisti della sua generazione

Come la maggior parte dei suoi amici surrealisti, Cartier-Bresson condivide molte posizioni politiche dei comunisti: un feroce anticolonialismo, un incrollabile impegno nei confronti dei repubblicani spagnoli e una fede profonda nella necessità di “cambiare la vita”. Dopo le violente rivolte organizzate nel febbraio del 1934 a Parigi dall’estrema destra, percepite come un rischio che l’ondata del fascismo europeo dilaghi anche in Francia, il suo impegno si fa più tangibile. Firma numerosi manifesti di “richiami alla lotta” e di “unità d’azione” delle forze di sinistra. Nel corso dei suoi viaggi in Messico e negli Stati Uniti, tra il 1934 e il 1935, le persone che frequenta sono molto impegnate nella lotta rivoluzionaria. Di ritorno a Parigi, nel 1936, la posizione di Cartier-Bresson si è radicalizzata e lui partecipa con regolarità alle attività dell’Associazione degli scrittori e artisti rivoluzionari (AEAR – Association écrivains et artistes révolutionnaires) e comincia a lavorare per la stampa comunista. 

Cartier-Bresson diceva che il cinema gli aveva “insegnato a vedere”. È nel 1934, durante il viaggio in Messico, che si manifesta il suo desiderio di realizzare un film. Vede nel cinema un mezzo per il suo impegno militante perché, rivolgendosi a un pubblico più ampio della fotografia e grazie alla sua struttura narrativa, riesce a far passare meglio il messaggio. Nel 1935, negli Stati Uniti, impara i primi rudimenti della telecamera con una cooperativa di documentaristi, ispirati tanto dalle idee politiche che dall’estetica sovietica. Sono riuniti intorno a Paul Strand e il loro nome è “Nykino”, cioè la contrazione delle iniziali di “New York” e della parola “cinema” in russo. Con loro realizza il suo primo cortometraggio. Di ritorno a Parigi, nel 1936, dopo aver tentato senza successo di farsi prendere come assistente da Georg Wilhelm Pabst e poi da Luis Buñuel, comincia una collaborazione con Jean Renoir che durerà fino alla guerra. 


Nel febbraio del 1947, Cartier-Bresson inaugura la sua prima grande retrospettiva istituzionale al Museum of Modern Art (MoMA) di New York. Qualche mese dopo, insieme a Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert, fonda l’agenzia Magnum che in breve diverrà uno dei riferimenti mondiali per il fotoreportage di qualità. Dopo la mostra al MoMA, Cartier-Bresson avrebbe potuto scegliere di essere semplicemente artista. Ma decide di diventare un reporter a pieno titolo, impegnandosi nell’avventura della Magnum. Dal 1947 e fino agli inizi del 1970, si susseguono viaggi e reportage ai quattro angoli del mondo, lavorando per quasi tutti i grandi giornali illustrati internazionali. Nonostante i vincoli della carta stampata, i tempi strettissimi del sistema mediatico e la contingenza degli incarichi, Cartier-Bresson riuscirà, comunque, a mantenere la propria produzione fotografica ad altissimo livello. 


In concomitanza con i reportage, Cartier-Bresson ha anche periodicamente fotografato alcuni soggetti particolari, nei vari paesi e nel corso degli anni. Realizzate al margine dei suoi reportage, o in modo del tutto autonomo, queste serie di immagini che si interrogano su alcune grandi questioni sociali della seconda metà del Novecento, assumono il valore di vere e proprie inchieste. Non sono state commissionate, non sono state realizzate con l’urgenza imposta dalla carta stampata e sono spesso più ambiziose. Tali inchieste, tematiche e trasversali, descritte da Cartier-Bresson stesso come una “combinazione di reportage, filosofia e analisi (sociale, psicologica e altro)” sono legate all’antropologia visiva. Quel tipo di conoscenza dell’uomo in cui gli strumenti di registrazione analogica svolgono un ruolo essenziale. “Sono visivo - diceva, tra l'altro, Cartier Bresson – […]. Osservo, osservo, osservo. È con gli occhi che capisco.
Dagli anni Settanta, Cartier-Bresson, che ha ormai superato i sessanta anni, smette poco per volta di accettare i reportage, cioè di fotografare in un contesto obbligato.
Ritenendo che la Magnum si allontani giorno dopo giorno dallo spirito con cui era stata creata, si ritira dall’agenzia. La sua fama internazionale non cessa di crescere: è diventato una leggenda vivente. In Francia incarna, quasi da solo, il riconoscimento istituzionale della fotografia. Il che non è ovviamente di suo gradimento. Passa molto tempo a supervisionare l’organizzazione dei suoi archivi, la vendita delle fotografie e l’organizzazione di libri o mostre.
Pur avendo ufficialmente smesso di fotografare, tiene sempre la sua Leica a portata di mano e di tanto in tanto realizza immagini più contemplative. Ma va soprattutto nei musei o alle mostre e passa la maggior parte del tempo a disegnare.


CRONOLOGIA

1908 Henri Cartier-Bresson nasce il 22 agosto 1908 a Chanteloup-en-Brie (Seine-et-Marne) in una famiglia di grandi industriali del tessile. 1926-1928 Attorno al 1926, René Crevel lo presenta alla cerchia dei surrealisti. Lui assiste regolarmente alle riunioni del gruppo, i cui membri in quel periodo aderiscono al partito comunista. In autunno, entra nell’accademia del pittore André Lhote, che lascerà all’inizio del 1928. 1929 Frequenta gli americani Harry e Caresse Crosby, stabilitisi in Francia dalla fine della Prima guerra mondiale. Fondatori della casa editrice Black Sun Press, pubblicano James Joyce, Ernest Hemingway, Ezra Pound, ma anche Paul Éluard e René Crevel. A casa loro, Cartier-Bresson ritrova André Breton, Max Ernst e Salvador Dali. Incrocia editori, galleristi e collezionisti americani: Eugene Jolas, Lincoln Kirstein, Monroe pubblicano James Joyce, Ernest Hemingway, Ezra Pound, ma anche Paul Éluard e René Crevel. A casa loro, Cartier-Bresson ritrova André Breton, Max Ernst e Salvador Dali. Incrocia editori, galleristi e collezionisti americani: Eugene Jolas, Lincoln Kirstein, Monroe Wheeler e Julien Levy, che ha appena comprato il fondo di Eugène Atget. I fotografi dilettanti Peter e Gretchen Powel lo iniziano alle innovazioni formali della Straight Photography americana e della Nuova Visione europea. 1930-1932 Nell’ottobre del 1930, Cartier-Bresson si imbarca per l’Africa e raggiunge la Costa d’Avorio, il Camerun, il Togo e poi il Sudan francese. Al suo ritorno, un anno più tardi, intraprende con André Pieyre de Mandiargues un viaggio nell’Europa dell’Est, e poi, armato della sua prima Leica, parte per l’Italia. Charles Peignot pubblica alcune delle sue immagini in Arts et métiers graphiques. 1933 Frequenta l’Association des écrivains et artistes révolutionnaires (AEAR) a Parigi. Visita Alicante, Barcellona, Toledo, Madrid e il Marocco spagnolo. Fotografa per diletto, ma inizia anche a scattare i primi reportage per la stampa. A fine settembre, il gallerista newyorchese Julien Levy gli dedica una mostra. Due mesi dopo, tocca al Club Ateneo di Madrid esporre le sue immagini. 1934 Conferma il suo impegno popolare e militante firmandosi “Henri Cartier” fino alla fine della guerra. In giugno, parte per il Messico, dove si ferma un anno; lì frequenta artisti, scrittori e intellettuali comunisti, in genere vicini al Partito nazionale rivoluzionario al potere, come Guadalupe Marin, Langston Hughes, Andrés Henestrosa, e Manuel Àlvarez Bravo. 1935 In marzo, le sue fotografie vengono esposte accanto a quelle di Àlvarez Bravo al Palacio de Bellas Artes de Mexico. Il mese seguente si reca a New York per partecipare alla mostra “Documentary and Anti-Graphic Photographs by Cartier-Bresson, Walker Evans & Àlvarez Bravo” da Julien Levy. In quel periodo frequenta Nykino, una cooperativa di cineasti militanti allineati con le idee politiche ed estetiche dei sovietici. Grazie all’intermediazione di Langston Hughes, familiarizza con il movimento della Harlem Renaissance. In maggio-giugno, partecipa alla mostra “Documents de la vie sociale”, organizzata dal’AEAR alla Galerie de La Pléiade a Parigi.
Privilegia sempre più il cinema rispetto alla fotografia. 1936-1939 Cartier-Bresson incontra Jean Renoir che lo assume come assistente sul set di “La vita è nostra”, film commissionato dal partito comunista per la campagna elettorale delle legislative del maggio 1936. In seguito collabora alle riprese di “La scampagnata” (1936) e “La regola del gioco” (1939). Lavora regolarmente per la stampa comunista. Nel maggio 1937, sposa la ballerina indonesiana Carolina Jeanne de Souza-Ijke, detta “Ratna Mohini” o “Eli”. Entrato nella cooperativa Ciné-Liberté (la sezione cinematografica deIl’AEAR), Cartier-Bresson gira nel 1937 un primo documentario sulla guerra di Spagna: “Vìctoire de la vie”, con la collaborazione di Herbert Kline, Jacques Lemarc, Pierre Unik e Laurette Séjoumé (Laura Séjour). Seguiranno altri due film: “With the Abraham Lincoln Brigade in Spain” (1937) e “L’Espagne vivra” (1938). 1940-1945 Arruolato, entra nell'unità “Film e fotografia” della 3° armata. Viene fatto prigioniero il 23 giugno 1940, evade tre anni dopo e con l’aiuto di Aragon si unisce a un gruppo della Resistenza comunista, il futuro Mouvement National des Prisonniers de Guerre et Déportés (MNPGD). Ne diventa il rappresentante ufliciale all'interno del Comité de libération du cinéma e viene incaricato di organizzare un Comité de libération de la photographie de presse. Nel 1945, i servizi americani dell’Oflice of War Information e il MNPGD gli commissionano un film sul rimpatrio dei prigionieri (Le Retour). 1947 In febbraio, inaugura la sua prima retrospettiva al Museum of Modern Art (MoMA) di New York, voluta da Monroe Wheeler, che aveva conosciuto dai Crosby. Qualche mese dopo, fonda la cooperativa Magnum Photos insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour (Chim) e William Vandivert. Da quel momento, i suoi reportage in bianco e nero o a colori appaiono regolarmente su Life, Holiday, Illustrated, Paris Match. A dicembre, arriva in India con Eli, poco dopo la Dichiarazione d’indipendenza. 1948-1949 Il 30 gennaio 1948, incontra Gandhi, qualche ora prima del suo assassinio. Le fotografie che scatta in occasione dei funerali saranno pubblicate su Life e faranno il giro del mondo. Il 3 dicembre, Cartier-Bresson scopre Pechino nel momento in cui l’Esercito popolare di liberazione guidato da Mao Tse-Tung sta per rovesciare il governo nazionalista di Chiang Kai-shek; si trattiene fino al settembre 1949. 1952 Pubblica il suo primo libro con Tériade (edizioni Verve): Images à la sauvette. I’edizione americana, pubblicata da Simon & Schuster, esce in contemporanea con il titolo The Decisive Moment. 1954-1955 Robert Delpire pubblica Danses à Bali, con un testo di Antonin Artaud. Nel luglio del 1954, Cartier-Bresson arriva a Mosca. È il primo reporter occidentale in Unione Sovietica dal 1947. L’anno seguente, partecipa alla mostra “The Family of Man”, curata da Edward Steichen al MoMA di New York. Il Musée des arts décoratifs di Parigi gli dedica una retrospettiva. Per Tériade, pubblica Les Buropéens (1955). 1963-1965 Visita Cuba poco tempo dopo la crisi dei missili, poi passa qualche mese in Giappone. 1966 Incontra la fotografa Martine Franck, che sposa nel 1970. 1968-1974 In seguito ai rivolgimenti sopravvenuti nella società francese dopo gli eventi del Maggio ‘68, in ottobre intraprende un reportage sui suoi compatrioti: “Vive la France” sarà pubblicato nel 1970. A partire dal 1974, abbandona gradualmente il reportage per dedicarsi al ritratto e al paesaggio fotografico, e alla valorizzazione della propria opera. Ricomincia a disegnare. 1979 Il volume Henri Cartier-Bresson: Photographe, edito da Delpire, accompagna l’omonima mostra itinerante. 1980 Il Musée d'art moderne de la Ville de Paris presenta la mostra “Henri Cartier- Bresson: 300 photographies de 1927 à 1980”. 2003 La Bibliothèque nationale de France presenta la retrospettiva “De qui s’agit-il?’Î A Parigi viene creata la Fondation Henri Cartier-Bresson. 2004 Henri Cartier-Bresson si spegne il 3 agosto a Montjustin, in Provenza.

Commenti