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Cia presenta il libro “Italia contadina”

A Roma, l’11 settembre, presso la sede nazionale della Confederazione Italiana Agricoltori si è svolto l’incontro con gli autori del libro che racconta il Paese dall’esodo rurale al ritorno alla campagna. 

L’Italia deve molto ai contadini e all’agricoltura. La qualità dei cibi, la bellezza del paesaggio, un diffuso patrimonio territoriale che ha generato valori economici e culturali. A raccontarla, ripercorrendo la storia del nostro Paese a partire dagli anni Cinquanta, è “Italia contadina” (Aracne editrice), il libro di Rossano Pazzagli e Gabriella Bonini sponsorizzato da Cia-Agricoltori Italiani.
Il lavoro parte dall’analisi di quanto accadde dalla metà del ‘900 con l’esodo rurale e i cambiamenti del paesaggio, che sono stati i segni più eloquenti di una grande trasformazione che ha privilegiato l’industria e la città, spezzando i legami con il territorio e marginalizzando il mondo rurale. 
Specialmente le aree interne, il lavoro e le imprese contadine hanno pagato un prezzo altissimo al boom economico. 
Oggi, alla luce della crisi strutturale del modello di sviluppo, è venuto il tempo di riannodare i fili con la storia rurale del Paese, riprendendo la strada della campagna. 

Il volume, quindi, propone una sintesi del declino del settore agricolo e apre uno squarcio di luce sulle possibilità di rinascita del mondo rurale, tra abbandoni e ritorni. 
Invita ad un nuovo protagonismo e ad una ritrovata dignità dell’Italia contadina e, quindi, degli imprenditori agricoli. 

L’opera di Pazzagli e Bonini ha, tra gli altri, il grande merito di fare chiarezza e legare la vicenda agricola italiana con l’evoluzione demografica del Paese, che si intrecciano.
Un libro la cui lettura andrà promossa, soprattutto presso i giovani, per ottenere una conoscenza più diffusa del passato e delle future potenzialità di un settore vitale per la tenuta socio-economica del Paese e di un comparto che necessita di un ricambio generazionale per garantire il presidio del territorio e delle aree interne; in grado di favorire occasioni di sviluppo. 

Dall’agricoltura e dallo stretto legame osmotico tra città e campagna deriva gran parte del patrimonio territoriale (culturale, ambientale, produttivo, sociale) della nostra bella e sciagurata penisola.
L’economia, il paesaggio, le differenze regionali e perfino la sua urbanizzazione, senza l’agricoltura e i connessi flussi di cibo, di energia e di cultura tra mondo rurale e realtà urbane, le città non avrebbero potuto crescere e svilupparsi. 
Campagna, mare e montagna, sono i caratteri ambientali di fondo, assieme all’attività e all’intervento dell’uomo, sono protagonisti indiscussi del complesso e lunghissimo processo storico che ha prodotto quell’identità italiana in continua evoluzione, che ha portato alla costruzione della Penisola riconosciuta nel mondo per la bellezza, il buono, la dieta mediterranea, la vita a misura d’uomo. 

Lo storico sa che si tratta di un processo evolutivo costante, mutevole; l’identità territoriale, materiale ed immateriale, non è solo ciò che siamo stati, ma anche ciò che siamo e ciò che saremo o vorremo essere. 
Pertanto, l’identità, come la storia, è una finestra aperta sul futuro, non soltanto uno sguardo sul passato.

Alla metà del ‘900 l’Italia era ancora in gran parte un Paese contadino e sebbene si ponessero le basi dell’industrializzazione, l’apparato industriale aveva acuito, anziché attenuare, le differenze interne, in una situazione in cui, quasi la metà della popolazione attiva era ancora assorbita dal settore agrario.
Successivamente, nella seconda metà del ‘900, nell’arco di un quindicennio, l’Italia mutò il suo volto e, da paese prevalentemente agricolo, ribaltò la situazione lavorativa, diventando un paese industrializzato; in concomitanza, la società si concentrava sempre più nelle città, trasformando gli stili di vita.
Per le campagne italiane, tutto ciò significò una progressiva perdita di lavoratori, imprese, peso economico, superficie coltivata, dignità sociale e valori culturali. 
Pertanto la storia delle campagne italiane è rappresentata da un lungo addio al mondo rurale, contemporaneo ad un processo di urbanizzazione nel quale, il modello industriale, basato sulla crescita dei consumi e della produzione, e quello sociale centrato sul welfare, avrebbero preso il sopravvento. 
L'abbandono delle campagne - l’esodo rurale - la riduzione e il mutamento del paesaggio agrario sono le espressioni più eloquenti di questa grande trasformazione, contrassegnata sul piano del lavoro da una consistente riduzione del numero di addetti, con una crescente marginalizzazione delle aree rurali, a partire da quelle montane e collinari. 
Contemporaneamente, la letteratura, l’arte e il cinema cominciarono a celebrare, anche quando ne parlavano in positivo, il bel mondo perduto e la malinconia per qualcosa di moribondo. 

Il ‘900, quindi, è un secolo cominciato con l’agricoltura come settore prevalente dell’economia e della società e finito con le campagne abbandonate, ripiegate su se stesse, trascurate o aggredite, molto spesso ferite e talvolta derise. 

«Una storia in discesa - come la definì Italo Calvino - in cui, a poco a poco, i paesi di montagna e di collina si spopolano, le campagne più alte vanno in sfacelo, gli abitanti scendono man mano a valle».

Sembrava, appunto, un addio, un tramonto definitivo del mondo agricolo e della ruralità italiana. 
Sembrava ormai un destino scritto, invece negli ultimi decenni la fine del mito del progresso e della crescita illimitata, il peggioramento della qualità della vita nelle città più grandi e l’emergere della questione ambientale hanno spinto verso la decrescita felice, con la rivalutazione del mondo rurale, prima di carattere culturale con il riconoscimento dell’Unesco della dieta mediterranea come bene protetto, patrimonio immateriale dell’umanità; poi anche con l’instaurarsi di processi di ritorno, legati alla multifunzionalità dell’agricoltura, alle produzioni tipiche e a Km zero, all’agriturismo, alla ricerca di nuovi stili di vita e alla ricostruzione del rapporto città-campagna.

Riacquistano nuova centralità le aree interne o depresse, le economie contadine, il paesaggio agrario, le aziende di piccole e medie dimensioni. 
Non siamo ancora in presenza di un coerente modello alternativo, ma  il movimento nasce dal basso, e si possono intravedere in certe pratiche regionali e locali, e timidamente anche in qualche politica, le condizioni (e più ancora la necessità) per una nuova agricoltura in grado di ridare valore al territorio e alle popolazioni rurali di tutte le aree geografiche, comprese quelle interne che caratterizzano il territorio italiano.

Il libro, quindi, propone una sintesi della storia del settore agricolo, a cui l’Italia deve gran parte della sua ricchezza e bellezza, e anche per sfuggire al sentimento di ineluttabilità, aprendo uno squarcio di luce sulle possibilità di rinascita del mondo rurale italiano. 
Inoltre, in appendice, propone alcuni scritti di Emilio Sereni, uno dei massimi protagonisti della storia e della politica agricola italiana del ‘900, colui che ha legato più di ogni altro il suo nome alla storia del paesaggio agrario inteso come specchio dell’identità nazionale: uno specchio poliedrico di risorse territoriali, lavoro, culture, politiche, fallimenti e speranze, che conferma il contributo portato dai contadini italiani alla vita democratica del Paese, oggi anch’essa in condizioni precarie e bisognosa di una rivitalizzazione, anche attraverso un nuovo protagonismo ed una ritrovata dignità dell’Italia rurale.

pagine: 152
formato: 14 x 21 cm
ISBN: 978-88-255-1604-3
data pubblicazione: Luglio 2018
editore: Aracne
collana: Storia e territorio | 7

STORIA E TERRITORIO

La collana “Storia e Territorio” dell’Aracne editrice, raccoglie studi storici sulle risorse, le vocazioni e le potenzialità dei contesti regionali e locali, molte volte ingiustamente marginalizzati dal modello di sviluppo contemporaneo, ricerche originali che si collocano nel solco di un necessario passaggio culturale: riportare il territorio al centro dei processi di trasformazione economica e sociale, leggere il patrimonio territoriale come prodotto storico che l’incessante incontro tra uomo e natura sedimentati nelle comunità locali, ridare forza e dignità ai luoghi come orizzonti identitari secondo una logica glocale. Il rapporto città-campagna, il paesaggio, le istituzioni e la famiglia, i sistemi economici e infrastrutturali rappresentano i temi di fondo, affrontati sul lungo periodo dal medioevo all’età contemporanea con approcci che spesso travalicano i confini disciplinari, superando la frammentazione della conoscenza e prefigurando un pensiero del territorio come fondamento unitario delle relazioni tra locale e globale, tra identità e integrazione.

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