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Arte Visuale tra Fotografia e post-produzione grafico pittorica


Fotografia è scrivere con la luce, e scrivere permette di narrare la realtà filtrata attraverso la sensibilità informata dalla cultura dell'artista.


Informato ed interessato a tutte le arti, il mio stile narrativo, ha sempre ricercato il miglior modo di restituire in maniera meta-sinestetica, le suggestioni e le emozioni provocate dalla bellezza e dai miei soggetti.
Amante sia della fotografia come delle arti grafiche e pittoriche, oggi, grazie ai mezzi di elaborazione e manipolazione offerti dalle nuove tecnologie digitali, Artista Visuale, macchina fotografica al collo, computer online, narro con la fotografia prima, e con l'arte grafico pittorica poi.


Pur nella capacità di restituire i particolari, propria della fotografia, nel mio procedere artistico, parto dallo scatto fotografico emozionale, tornando alla tecnica impressionista per cogliere en plein air, non tanto i particolari, quanto impressioni ed emozioni date da forme, volumi, luci, ombre, contrasti, colori e sfumature creati dalla luce naturale, e restituiti attraverso pennellate elettroniche.



La Fotografia è tecnica grafica a stampa che nel 1839 sostituì la litografa per le illustrazioni pensando alla riproducibilità, non solo della realtà ma anche del risultato finale; si cercava l'oggettività del risultato, ma i risultati, dimostrarono da subito, il contrario.
Al contempo, ispirò i pittori impressionisti nella tecnica en plein air attenta a cogliere scene fatte di luci, ombre e colori. 

Già quando ancora non esistevano i computer, si utilizzavano tecniche di post-produzione artistica, basate su xerografie, cianografie, stampe alla gomma, lavorazioni con pellicole fotomeccaniche, ecc..



La mia arte esige un riesame critico della definizione di fotografia. 
Dovranno anche essere messe da parte tutte le idee precedenti sui procedimenti fotografici senza argento o di tipo non convenzionale, perché tutte le opinioni in merito saranno messe in discussione. 
Laddove infatti l'impadronirsi degli aspetti tecnici dei miei procedimenti può essere alla portata di chiunque, solo pochi riusciranno a sviluppare una vera sensibilità specifica. 
C'è ampio spazio per la sperimentazione, per l'incidente, per il «provarci» a naso. 
Trasferire immagini fotografiche su carta da disegno, su tessuto o altra superficie è appassionante: elaborare, risolvere i problemi pratici di un procedimento, svilupparlo e perfezionarlo, diventa una grande emozione. Sarebbe infatti sbagliato avvicinarsi a questi metodi come se fossero delle semplici «esercitazioni» per l'apprendimento di nuove tecniche fotografiche. Accrescere il proprio vocabolario di procedimenti è importante, certo, ma un'autentica maturazione della propria personalità fotografica si otterrà solamente dall'assimilazione intima delle conoscenze tecniche e dalla loro corretta applicazione. 
Il successo si ottiene con una giusta combinazione di idee e di procedimenti tecnici: la ricerca a volte potrà essere frustrante, ma i risultati sono comunque stimolanti e i successi gratificanti. 



Spesso mi rivolgono domande del tipo «Come si sceglie un'immagine da elaborare?». 
Sono buone domande, ma non prevedono risposte facili. 
Tutte le foto sono adatte per i procedimenti adottati, ma non sarei in grado di descrivere analiticamente il motivo esatto per cui scelgo un'immagine piuttosto di un'altra, e perché uso una serie di procedure invece di altri. Piuttosto, tutto risponde ad un progetto visivo e mentale che risponde ad un risultato virtuale ma chiaro, reale e concreto nella mia mente. 
Il processo creativo, nel mio caso, tirar fuori un'idea per un'immagine fotografica, e poi realizzarla praticamente, è complesso; interi volumi sono dedicati all'argomento. 
In “Un approccio creativo al controllo della fotografia” (Hei-delberg Press, 1974) Harry Boyd scrive: “Il problema di trasformare l'idea astratta in una realtà fisica è sempre stato la sfida fondamentale che l'artista ha dovuto affrontare. Anche per il fotografo, che può introdurre strumenti meccanici nel processo creativo, il problema di comunicare l'idea all'osservatore non è meno grave: è semmai più serio, perché il fotografo deve diventare padrone di un gran numero di tecniche e di strumenti prima che il suo mezzo espressivo funzioni come richiesto e si conformi alle necessità delle sue emozioni e della sua immagine.”
Da dove viene un'idea? 
Come fa un artista, pittore o fotografo non importa, ad avere l'idea di un'immagine? 
È semplicemente una lampadina che si accende nella testa, o c'è qualcos'altro? 
Io affermo che c'è qualcos'altro. 
L'idea di una fotografia, il formarsi nella mente di un'immagine visiva, è un accumulo di anni di osservazione e di studio, di informazioni e suggestioni, che improvvisamente fanno «click». 
Occorrono sensibilità e reattività agli stimoli visivi, e in genere agli stimoli sensoriali. 
Il primo momento del processo creativo è questo riconoscere un qualcosa come una potenziale immagine: riprodurlo con la fotocamera, annotarlo in un diario, o semplicemente farsi un appunto mentale. 
Il secondo momento è la scelta del mezzo espressivo col quale l'idea dovrà essere presentata. 
Per la maggior parte dei fotografi, il fare fotografie significa fotocamera, ieri materiali sensibili all'argento, e camera oscura, oggi processori, schede di memoria e computer. 
Per il fotografo che lavora coi procedimenti senza argento, ieri come oggi, la trafila è più complessa e comprende non solo fotocamera e gli altri ammennicoli fotografici convenzionali, ma anche un procedimento di elaborazione, software e stampa, varie superfici di stampa, le varie tecniche di finitura con l’applicazione su oggetti, anche per il merchandising.  



Il momento successivo, per il fotografo sperimentatore che lavora coi procedimenti non convenzionali, è quello del controllo. 
L'immagine non deve soltanto venir percepita e fotografata; dev'essere anche trasferita passo dopo passo attraverso una serie di lavorazioni ed esaminata criticamente ad ogni stadio per accertare che corrisponda ancora all'idea originaria. 
Questo esame continuo dell'immagine durante il lavoro consente decisioni estemporanee basate sull'intuito. 
L'immagine può venir completamente modificata da fattori casuali (molti artisti li chiamano «incidenti fortunati»): i risultati possono essere interessanti, curiosi, a volte bizzarri; può succedere di accorgersi che la stampa «sbagliata» ha qualcosa da dire, forse anche qualcosa di ancora migliore dell'idea originaria. 
Decidere di servirsi degli incidenti fortunati, fa parte anch'esse del processo creativo. 
La fase finale, quella della finitura, è quella che prepara l'immagine per l'osservazione: con cornice o senza, cucita, su tela o su abiti, su tazze ed oggettistica varia.
Questo stadio è altrettanto importante dei primi, perché da come l'immagine è osservata dipende ciò che essa comunica
L'osservatore non sa nulla dell'autore, né del procedimento, né dell'idea; tutto quel che conosce è il prodotto finito, e l'immagine deve comunicare l'idea ad ogni livello. 
Il processo creativo è un ciclo interminabile in cui ogni idea conduce ad un'altra: le immagini cominciano a relazionarsi tra loro, e man mano che maturano nuove idee vengono generate. 
Il mantenere aperta la propria mente alle impressioni sia conscie che inconscie evocherà nuove idee; per esempio, può contribuire al processo creativo il lavorare su una fotografia difettosa fin dove possibile per cercare di salvarla, poi considerarla uno scarto e metterla via, e infine ritornarci più tardi e recuperare qualcosa. 


La creatività non ha regole; tuttavia, lavorando con i procedimenti fotografici non convenzionali è utile tener presente certe indicazioni:
1. analizzo con attenzione il contenuto dello scatto originale su cui intendo lavorare. 
È buona la composizione? L'immagine evoca una risposta, a me e ad altri? Una stampa normale sarebbe già una foto valida? 
È inutile lavorare con scatti mediocri e aspettarsi miracoli: niente può salvare un'immagine scadente in partenza. 
I buoni risultati si ottengono solo lavorando partendo dal materiale migliore;
2. penso bene al formato dell'immagine definitiva, infatti non sempre il grande formato è migliore: alcune immagini rendono meglio in grande, altre in piccolo;
3. non mi fermo mai ai risultati ottenuti, mai appagato, sempre alla ricerca di nuove tecniche e strumenti; analizzo bene ciascuno dei procedimenti, ogni opzione, ogni possibile interazione e sovrapposizione. 
Studio le potenzialità, valuto vantaggi e svantaggi. 
Metto in rapporto il procedimento con l'immagine, e mi faccio domande del tipo: 
  • qual è la superficie, più adatta per ogni specifica immagine? Carta? Tessuto? Oggetti solidi come vetro o metallo? 
  • la stampa dovrà essere monocromatica o a colori?
  • quali software usare e quali strumenti del software sono i più adatti al risultato che voglio conseguire?
  • qual’è il momento di fermarsi nell’elaborazione?
  • come potrà essere la finitura? L’immagine si presta come supporto di disegni, coloriture, ecc.?
  • quali sono le sue limitazioni?
4. decido nella mente, quale dovrà essere l’aspetto della stampa finita al momento della presentazione e mirate ad ottenere questo risultato, tenendo però presente che gli imprevisti nel corso del lavoro potranno influenzarlo. 



L'elenco potrebbe continuare. Una scelta può essere fatta solo sulla base della conoscenza e comprensione delle varie tecniche. 

La creazione continua, sulla base della sperimentazione ed esplorazione preliminare delle fotografie e delle opere susseguenti; metto in dubbio ciò che conosco, leggo, imparo, considerando tutte le ipotesi e possibilità: ci sono occasioni da cogliere, e le regole sono fatte per essere infrante.



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