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Dal bosco al vetro la Green Economy contro la crisi


«Murano al collasso, i rincari del gas spengono le fornaci dei vetrai Le aziende artigianali che lavorano il vetro sono letteralmente devastate dalla crisi energetica e di giorno in giorno si vedono costrette a chiudere perché i costi di manutenzione sono insostenibili» Questi sono i titoli che riprendono affermazioni tristi quanto prive di creatività. Innanzi tutto, come si fa a parlare di aziende artigianali quando affermano di tenere accesi i forni 24 ore su 24, come se fossero acciaierie? Ha spiegato Cristiano Ferro, 52 anni, uno dei proprietari della Effetre, una delle aziende leader nel settore, costretta a spegnere i forni nell'attesa di tempi migliori. 6 Fornaci, 6-700 tonnellate di vetro semilavorato all'anno grazie al consumo di 1,5 milioni di metri cubi di metano, 34 dipendenti, ma per loro, oggi, non c'è certezza del futuro. «Non so quando riaccenderemo i forni», conferma il titolare. Così come non ci sono certezze per gli oltre 600 lavoratori dell'indotto, compresi i piccoli artigiani e i maestri del vetro soffiato. Ammesso e non concesso, la vita è un continuo divenire e adattamento. Quindi, perché il primo pensiero davanti ad una crisi è gettare la spugna e chiudere baracca e burattini, quando basterebbe ridurre i consumi e la produzione: meglio poco che niente! E poi, perché non riscoprire antichi metodi di lavorazione? Intorno al 1000-500 a.C. risalgono piccoli vasi in vetro ritrovati in India e Cina. Al 1700 a.C., in Sardegna, risale la prima evidenza di lavorazione del vetro nel Mediterraneo. Uno sviluppo della tecnica si ebbe poi nel VII-VI secolo a.C. in Fenicia, per produrre stoviglie, altri utensili e monili. Pensate che allora avessero il gas per le fornaci? Secondo Plinio il Vecchio nel suo trattato «Naturalis Historia», la creazione del vetro sarebbe addebitabile a un evento casuale, avvenuto per mano di alcuni mercanti fenici intenti ad accendere un fuoco per cucinare, sulle rive sabbiose del Fiume Belo in Siria. In realtà, gli archeologi hanno dimostrato come il primo utilizzo di materiale vetroso risalga al III millennio a.C. in Mesopotamia. Si trattava essenzialmente di paste vitree utilizzate come decorazione, perle di vetro e placchette da intarsio, e non per la creazione di utensili; la stessa tecnica di pasta vitrea era diffusa nell'Egitto Faraonico almeno dal Medio Regno (2055-1790 a.C.). Nel I sec. a.C. il poeta Lucrezio in «De rerum natura» introdusse per la prima volta nella lingua latina il termine vitrum, un neologi­smo destinato a sostituire in brevissimo tempo i termini greci che gli autori latini avevano traslitterato fino a quel momento per indicare questo materiale. Durante l'Impero Romano il vetro fu plasmato in molte forme e trovò impiego in diversi settori: vasellame come bottiglie, bicchieri, calici, coppe, lucerne, lastre da finestra, strumenti tecnici come oggetti ustori, mosaici pavimentali e parietali sotto forma di tessere in pasta vitrea. Nel 1271 lo «Statuto Capitolare» di Venezia tutelava la manifattura del Vetro Veneziano, proibendo che venissero importati vetri dall'estero e negando ai vetrai stranieri la possibilità di operare a Venezia. Nel 1291 viene decretato il trasferimento delle vetrerie da Venezia all'isola di Murano, in modo da confinare eventuali incendi. A Venezia alla fine del XIII secolo (1200), si fa risalire l'invenzione degli occhiali con lenti in vetro quando i «Cristalleri» della Serenissima, per le lenti da vista, iniziarono a sostituire il berillo, utilizzato fino ad allora, con il vetro. Al 1369 risale la produzione di Specchi a Murano. Nel 1450 Angelo Barovier inventa il «Cristallo» a Murano, ottenendolo a partire dal vetro con l'aggiunta di sodio e manganese. Tutto ciò i Veneziani lo produssero senza gas, ma usando ciò che usarono per costruire le fondazioni della città: il legno. Ecco ancora una volta, una crisi offre un’opportunità: attivare o riattivare il ciclo virtuoso che va dalla cura e taglio del bosco, alla sostituzione del gas con l’uso della legna da ardere.

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