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Il pensiero di Giovanni Verga su Arte e Società

Giovanni Verga è entrato nella storia della letteratura come padre del Verismo e autore dei capolavori "I Malavoglia" e "Mastro don Gesualdo", ma la sua passione per l’obiettivo fotografico è molto meno nota. 
Nel 1966 nell’abitazione dello scrittore, nel centro di Catania, vennero ritrovati 448 negativi fotografici – 327 lastre in vetro e 121 fotogrammi in celluloide – impressi da Verga a partire dal 1878; i negativi raffigurano i paesaggi della Sicilia verghiana che fanno da sfondo a tanti racconti e romanzi veristi, ma anche alcuni ritratti e autoritratti. 
Artista a 360 gradi, quindi, Verga, nella prefazione del romanzo "Eva", si spinge in una trattazione sociologica dedicata al rapporto tra arte società e consumismo di allora (1873), incredibilmente attuale.
La vicenda di Eva dà occasione allo scrittore siciliano per definire con chiarezza i punti principali di quella corrente verista che egli perfezionerà nei romanzi successivi.
Nella Prefazione Verga presenta anche il "manifesto" della sua poetica:

"Eccovi una narrazione - sogno o storia poco importa - ma vera, com'è stata e come potrebbe essere, senza retorica e senza ipocrisie. Voi ci troverete qualcosa di voi, che vi appartiene, che è frutto delle vostre passioni, e se sentite di dover chiudere il libro allorché si avvicina vostra figlia - voi che non osate scoprirvi il seno dinanzi a lei se non alla presenza di duemila spettatori e alla luce del gas, o voi che, pur lacerando i guanti nell'applaudire le ballerine, avete il buon senso di supporre che ella non scorga scintillare l'ardore dei vostri desideri nelle lenti del vostro occhialetto - tanto meglio per voi, che rispettate ancora qualche cosa.

Però non maledite l'arte che è la manifestazione dei vostri gusti. 
I greci innamorati ci lasciarono la statua di Venere; noi lasceremo il "cancan" litografato sugli scatolini dei fiammiferi. Non discutiamo nemmeno sulle proporzioni; l'arte allora era una civiltà, oggi è un lusso: anzi, un lusso da scioperati. La civiltà è il benessere; ed in fondo ad esso, quand'è esclusivo come oggi, non ci troverete altro, se avete il coraggio e la buona fede di seguire la logica, che il godimento materiale. In tutta la serietà di cui siamo invasi, e nell'antipatia per tutto ciò che non è positivo - mettiamo pure l'arte scioperata - non c'è infine che la tavola e la donna. Viviamo in un'atmosfera di Banche e di Imprese industriali, e la febbre dei piaceri è la esuberanza di tal vita.

Non accusate l'arte, che ha il solo torto di avere più cuore di voi, e di piangere per voi i dolori dei vostri piaceri. 
Non predicate la moralità, voi che ne avete soltanto per chiudere gli occhi sullo spettacolo delle miserie che create, - voi che vi meravigliate come altri possa lasciare il cuore e l'onore là dove voi non lasciate che la borsa, - voi che fate scricchiolare allegramente i vostri stivalini inverniciati dove folleggiano ebbrezze amare, o gemono dolori sconosciuti, che l'arte raccoglie e che vi getta in faccia."

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