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«Giovani, salvate la cultura» Un Manifesto per il futuro del'Italia

Andrea Carandini
Le città devono essere un laboratorio creativo come nel Rinascimento Pubblichiamo l'introduzione della relazione del presidente Andrea Carandini al Consiglio superiore dei Beni culturali. Si tratta di un' analisi delle condizioni in cui si trovano il Dicastero e la cultura in Italia. 
Ho voluto dedicare questo Consiglio allo stato del Ministero nella crisi economica, politica e culturale in cui si trova l' Italia. Prenderò le mosse, non dallo stato del Ministero, ma dal problema di una classe dirigente inconsapevole del tempo in cui viviamo, quello post-industriale, perché immersa ancora nel passato, quello industriale, per cui resiste al nuovo, cioè a quella che potremmo chiamare la seconda modernizzazione. Il problema può essere risolto solamente da un' élite più giovane, in sintonia con i tempi. Questo ritardo di mentalità sta nel fatto che, mentre in Italia finalmente si constata la gravità del momento e si torna a parlare di sviluppo, mai si accenna alla cultura, come se essa fosse una ciliegina sulla torta, una decorazione inutile ai più. Infatti nell'epoca industriale la cultura serviva esclusivamente ai massimi livelli della società - ricordo l'imprenditore innovatore di Schumpeter - livelli alti che una cultura già l'avevano grazie alla tradizione familiare e a ottime scuole. Era la società di classe. Ma nel tempo post-industriale non è così.
La ciliegina è stata inglobata nel pan di Spagna. Una classe dirigente responsabile, consapevole e aggiornata, capace di separarsi dagli interessi particolari e di rivolgersi all' interesse generale, elaborerebbe una strategia culturale generale e lungimirante, di cui al momento non vi è traccia nel dibattito politico del Paese. Nel tempo della borghesia contavano le proprietà del capitale e dei mezzi di produzione congiunte all' intraprendenza e al sapere, mentre i lavoratori svolgevano lavori subalterni e ripetitivi. Oggi contano soprattutto i beni immateriali della conoscenza, della comunicazione e della relazione ed essi valgono, non solamente per i livelli superiori, ma anche per quelli meno elevati della società. Creatività e intraprendenza servono ormai a tutti, per la centralità che ha assunto il capitale umano. La cultura è diventata un bene comune. In questo contesto il «fare» sempre più si intreccia al «sapere» e al «comunicare», relegando in secondo piano il lavoro pianificato e bruto. Il bello della conoscenza e delle relazioni è che esse esistono solo in quanto tutti le posseggono, mentre capitali e mezzi di produzione erano di pochi. Il capitale sociale, insomma, non lo si ha, lo si condivide. Siamo passati dalla lotta fra classi alla possibilità di una solidale condivisione. Sono così balzati sul proscenio i lavoratori della conoscenza e dell' estetica, dell' intrattenimento e del loisir, insomma dei servizi di relazione, che producono beni rivolti alla autorealizzazione, alla promozione e alla gratificazione delle persone. La qualità torna ad essere un valore generale. Si tratta non più soltanto di bisogni, ma di sapere, ricerca, comunicazione, relazione, attitudini, gusti e stili di vita, desideri dell'immaginario e dell'identità. Quindi più moda che abbigliamento, più design che arredamento, più gastronomia che alimentazione, più stile di vita che merci predefinite. In questo contesto l' ambiente, il paesaggio, la storia, l'arte, i documenti, i libri e la produzione culturale rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo della società e della personalità, per la maturazione della psiche e per il raggiungimento di una felicità durevole, che non si trova bramando solamente denaro, potere e sesso. Felix significa fecondo, che dà frutto, sia esso materiale che immateriale, cioè che crea nel regno della cognizione e della bellezza connesso a quello dell'economia entro la civitas. È preparata l' Italia per questa realtà post-industriale? A mio avviso non è preparata e questa è una delle ragioni nascoste di tanta sua difficoltà e di tanta perdita di prestigio. La percentuale degli italiani che, oltre a saper leggere, sanno capire un testo in modo utile per la vita è bassa al confronto con altri Paesi. Anche la nostra preparazione scolastica e universitaria è decaduta. Nella scuola si spiega poco e male cosa sia l' arte, ma nessuno illustra cosa sia un paesaggio, una città e un archivio. Serve pertanto oggi molto di più di un decreto per lo sviluppo. Occorre un cambiamento di usi, costumi e idee, che ci sollevi all' altezza del mondo di oggi, in cui i servizi svolgono un ruolo fondamentale, l' unico capace di sottrarsi alla concorrenza globale e che offra possibilità di crescita e di lavoro per i giovani. È strano a dirsi, ma questa cultura che investe la totalità del reale e della vita, che torna al colere , cioè al coltivare e all' abitare - terra, corpo, mente ed emozioni - non è solo il futuro ma anche un ritorno al passato pre-industriale. Infatti le città antiche, medievali e rinascimentali sono sempre state laboratori di risorse materiali e di creatività umana intrecciate fra loro. Il nostro nuovo ha il sapore degli avi.
(Andrea Carandini (Roma, 1937) è un archeologo italiano, nominato Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali il 25 febbraio 2009, incarico da cui si è dimesso il 14 marzo 2011, in dissenso con la politica di tagli del governo)

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