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Gerusalemme che uccidi i profeti


Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti son mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figliuoli, come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!  Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta. E io vi dico che non mi vedrete più, finché venga il giorno che diciate: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (Luca 13, 34-35)

L'umanità dalla sua creazione e cacciata dal Paradiso, ha sempre preferito seguire i falsi profeti e l'avere invece dell'essere e dello spirito. Più che apprezzare il Creato e curare ciò che gli era stato donato, ha voluto peccare di superbia e presunzione manomettendolo distruggendolo e ribellandosi al Creatore.
Gesù, nell’infinita bontà di Dio, nonostante tutto, cerca ancora oggi di parlarci attraverso “profeti” che regolarmente gridano nel deserto, quando non vengono lapidati.
Gesù ci tratta da figli, ma come i figli, a noi piace sentirci grandi, autonomi nelle nostre scelte e quindi lo disconosciamo.. Ma questo atteggiamento ci porta a rimanere soli con il nostro libero arbitrio che spesso ci porta fuori strada. E allora rispondiamo come San Pietro “chi lo conosce”.
Eppure la pace e l’equilibrio individuale e sociale, lo raggiungiamo solo quando recuperiamo l’atteggiamento contemplativo, meditativo, la spiritualità, l’armonia col Creato, riconoscendo l’importanza del “Benedetto nel nome del Signore”. Perché la superbia ci porta solo ad affannarci per soddisfare bisogni e necessità materiali che ci lasciano insoddisfatti nell’anima. Ed ecco che la nostra casa, noi tempio di Dio rimaniamo svuotati, ci sentiamo depressi.

La fotografia scattata nei Sassi di Matera, simboleggia quanto detto perché appartiene ad un luogo svuotato dalla sua identità. Solitudine, abbandono, distruzione, sottolineati dal bianco e nero, e una presenza assenza signficata dalla giacca fuori della casa, di colore rosso, il colore del sangue della vita che pulsa.

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