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Egoisti della decrescita o crescita egoista


Antonio Pascale sull'inserto del Corriere della Sera "Il Club della Lettura" ha scritto e pubblicato un intervento polemico sulla decrescita intitolato "Gli egoisti della decrescita".
Il suo punto di vista è viziato dalla poca attitudine a guardare oltre, a staccarsi dai diritti acquisiti e dal vivere abitudinario.
Partendo da un'apparente altruistica difesa del diritto ad accelerare a chi è rimasto indietro (ma indietro a cosa e a chi), dimenticando i danni che ha provocato l'economia di mercato, il consumismo, l'ossessione dell'incremento: l'alterazione dell'essere umano, schiavitù, sfruttamenti, prepotenze, arroganze, disonestà, invidie, gelosie, frustrazioni, depressioni, suicidi, malattie metaboliche, incultura, impoverimento dei più in favore dell'arricchimento di pochi. Questi sono i diritti ai quali Antonio Pascale vorrebbe condannare chi è in via di sviluppo? Non sarebbe meglio invece, rieducarci noi stessi a riumanizzarci? L'uomo non nasce per essere schiavo del mercato e dei soldi, del desiderio insano di raggiungere mete che non sono mai quelle definitive e creano ansia su ansia, per correre sempre di più travolgendo tutti.
La vita ha una durata e una scadenza, è così preziosa ed è essa stessa una ricchezza che non può e non deve essere sprecata vivendola con superficialità; vivere deve significare la consapevolezza del mondo, della vita, dell'importanza dei rapporti umani, dell'ozio creativo per fermarsi a pensare osservare meditare, fermandosi senza sensi di colpa pensando che il tempo dedicato a sè stessi agli altri sia tempo sprecato o perduto.

"...Marco Cassini della minimum fax: «Impegnarsi insieme, e reciprocamente, in una campagna di “decrescita felice”: produrre meno per produrre meglio»...."

Certo l'impegno individuale non può essere disgiunto da quello sociale, ma se ognuno di noi comincia dalla propria responsabilità, uno più uno più uno, la società cambierà.

"...Il fatto è che il concetto di decrescita non trova, in realtà, spazio nei dipartimenti di Economia, ma abbonda sulla bocca di quelli di noi che non hanno mai superato un esame di micro e macroeconomia, dunque tendono a coprire le lacune tecnico- scientifiche con un raffinato eloquio, grazie al quale i punti nevralgici vengono elusi e concetti tra loro distanti prendono, come dire, una buona e consolante nota, piacevole all’orecchio: l’abbondanza frugale (Serge Latouche). O ancora, e sempre sulla capacità oratoria, nella trasmissione Che tempo che fa del 29 gennaio 2012, Daniel Pennac tenta un raccordo tra l’amletica frase di Bartleby lo scrivano - «Preferirei di no» - e l’attuale crisi finanziaria: «La crisi viene da un eccesso di desiderio ». Di fronte a questo accumulo di inutili desideri, meglio una posizione di radicale ma gentile disappunto: «Preferirei di no». Una decrescita gentile...."

Il fatto è che il cambiamento culturale e l'educazione dell'opinione pubblica, non è appannaggio delle facoltà universitarie ma degli uomini di cultura.

"....Ma come si misura l’eccesso di desiderio? Il desiderio di Pennac di parlare delle sue idee si traduce in un consumo, culturale e non: deve prendere un aereo, venire a Milano, pernottare in albergo, tocca usare la carta di credito, credito e finanza sono intrecciati, e insomma consumi e Co2 anche per Pennac, e allora viene da dire: non è che il «Preferirei di no», si applica sempre al consumo degli altri o a quei consumi che non ci piacciono? C’è da dire che esistono vari modi di intendere la decrescita: a) decrescita come riduzione del Prodotto interno lordo; b) decrescita come riduzione dei consumi; c) decrescita come fuoriuscita «radicale» dall’economia di mercato...."

C'è anche un modo d) come decrescita: superare l’ossessione dell’incremento del PIL, privilegiando, invece, la qualità della vita per una Felicità Interna Lorda o FIL (Gross National Happiness - GNH) basata sui valori spirituali. Rieducandosi ad un vivere meno
bulimico, a cominciare dal cibo per arrivare ai consumi nel loro complesso.

Per decrescere bisogna rallentare, vivere con lentezza, e quindi affannarsi meno, poter utilizzare di più la deambulazione e meno i mezzi veloci e inquinanti (aerei compresi).
Questo offrirà una migliore qualità della vita personale e sociale: meno inquinamento, meno disturbi metabolici.

"... la mattina quando butto la spazzatura nei bidoni della differenziata ho sempre una crisi ascetica, mi chiedo: ma perché tutta questa plastica? Perché tutti questi consumi? 
Per il resto della giornata sono un consumatore, se compro qualcosa non faccio sottili differenze tra merci e beni, e anzi tento di accrescere il mio personale Pil. Non è che questa parola sta diventando una classica parola ameba? Di quelle che significano tutto e niente. In realtà decrescere è facilissimo: basta autoridursi lo stipendio. Produzione e reddito sono infatti la stessa cosa. Meno reddito, minor produzione, consumi più bassi. Ci toccherà fare un gesto coraggioso: andare dal nostro editore e chiedere di meno..."

La scelta definitiva, è imparare a vivere consapevolmente, e non colpevolmente; imparare a non lasciarsi vivere o lasciare che altri decidano come dobbiamo vivere. Riducendo le necessità, si riducono i consumi e gli sprechi. Rottama l'automobile, vai a piedi, usa i mezzi pubblici, ti permetterà di incontrare i tuoi simili, di isolarti meno nel tuo egoismo.
Meno consumi e sprechi permettono di spendere meno e quindi di potersi accontentare di stipendi più bassi.

"...Perciò, se si riducono i consumi, il reddito si ridurrà, a meno che non aumentino gli investimenti. Ma siccome gli investimenti attuali sono guidati dalle aspettative delle imprese sui futuri profitti, e quindi su quelli che saranno i consumi futuri, una riduzione generalizzata dei consumi finirà col produrre un ristagno degli investimenti. 
Risultato? Crisi economica e riduzione del reddito. La questione allora andrebbe formulata con un po’ di rigore matematico: quanto siamo disposti a perdere in termini di reddito per salvare il pianeta dall’eccesso di desiderio? C’è poi un’altra questione: consumare meno significa consumare meglio? Qualità e quantità vanno di solito di pari passo, perché la qualità costa e i poveri, sempre e dovunque, consumano non solo meno, ma anche peggio dei ricchi...."

La domanda invece è un'altra: quanto siamo disposti a perdere il pianeta per mantenere i nostri diritti bulimici individuali ed egoistici; a cosa ci serviranno tanti soldi personali se intorno a noi il mondo esploderà o i nostri simili ci odieranno?
Qual'è il problema di un miglior consumo per tutti, in un mondo che ha conquistato tanto progresso, conoscenze e tecnologia; basta utilizzarli a favore del miglioramento vero della vita e del vivere di tutti e per tutti. Decrescere vuol dire usare e ridistribuire meglio le risorse.

Caro Pascale, sapessi quanta libertà e serenità c'è nella frugalità, nello scoprire di esistere per godere delle piccole cose della vita, nel sapersi gestire accontentandosi del poco materiale per riacquistare il tanto spirituale.

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