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Sgombriamo il campo dai malintesi lessicali sostituendo il termine "decrescita" con "Crescita responsabile e razionale". Infatti il termine coniato dal filosofo ed economista francese Serge Latouche, spaventa e rende ostili i più in quanto fa immaginare sacrifici e perdite di diritti acquisiti. Invece, decrescere vuol dire abbandonare una cultura della crescita consumista per diventare consapevoli di ciò che si fa e si sceglie per vivere; abbandonare l'economia di mercato per tornare ad un'economia di comunità e di condivisione, l'economia creativa per una scelta di vita creativa. Non è la riduzione quantitativa della produzione e del consumo, bensì l'uso qualitativo che se ne fa; è il rifiuto razionale di ciò che non serve, per riappropriarsi del nostro tempo e del tempo dedicato ai rapporti interpersonali.
Orologi e soldi, invenzioni diaboliche: gli orologi sono diventati la condanna dell'uomo occidentale, perché segnano non il trascorrere del tempo, ma il denaro che guadagnamo o perdiamo. La monetizzazione del tempo lo ha reso una merce, condannando le nostre esistenze dedicate al tempo, nostro padrone assoluto, e ad una velocità sempre maggiore.
Flessibilità è creatività, le certezze create da una società assistenziale ed iperorganizzata ha creato dipendenza esasperata da un sistema che oggi, mostrando i suoi limiti provoca precarietà angosciante.
Dobbiamo risvegliare le coscienze, l'impegno, l'indipendenza critica soggettiva, la capacità di scegliere e proporsi nel mondo del lavoro con realismo, di vivere e non lasciarci vivere.
Senza voler imporre niente a nessuno e senza confidare nella politica per la soluzione dei problemi, la decrescita, o crescita responsabile, è una strada che ognuno può iniziare a percorrere liberamente nella sua vita, anche se la stragrande maggioranza continua a subordinare la propria alle esigenze della crescita della produzione e del consumo delle merci e anche se il mondo ci additerà come strani e matti.
Diceva Madre Teresa: "L'oceano è fatto di gocce". Quali gocce vuoi iniziare a versare tu, oggi, domani, ...?
Flessibilità vuol dire:
- rallentare e tornare a vivere secondo i ritmi della natura;
- imparare a ragionare con la propria testa;
- educarsi alla sobrietà e comunque ad evitare lo spreco personale e collettivo;
- accettare di lavorare in ogni ambito, imparando a lavorare soddisfatti di costruire, prima ancora che di guadagnare;
- elasticità e apertura mentale, spirito di adattamento, realismo e buon senso;
- abbandonare i luoghi asfittici, i grandi agglomerati urbanizzati come alveari, privi di nuove ipotesi di lavoro;
- tornare alla campagna, ai ritmi lenti, scanditi dalla terra, dalla meterologia e dal sistema solare, al buon cibo, ne beneficeranno la nostra salute fisica e mentale;
- adattare le nostre attese alle offerte del territorio in cui siamo e se non troviamo ciò che ci aggrada, spostarsi dove la nostra offerta trova domanda;
- abbandonare l'idea che sia qualcun altro a doverci risolvere i problemi, perché più che indicarci una strada ci renderà schiavi dicendoci come dobbiamo o non dobbiamo vivere;
- acquisire cultura che aiuta ad una maggiore elasticità e apertura mentale, e a capire
- convincersi che non esistono lavori di serie A o B, che il lavoro manuale può ed è di maggiore soddisfazione e non esclude la preparazione culturale;
- adattare le proprie necessità alle possibilità, tornando alla saggezza che i nostri padri e nonni hanno dimenticato di tramandarci;
- pensare che sacrificio non significa sofferenza fine a sè stessa, ma capacità di risolvere i problemi e capacità di farlo in altra maniera (invece di una o due merendine, una fetta di pane con la marmellata migliora il livello salutare e diminuisce la spesa; uscire per una passeggiata e non necessariamente per una bibita o una pizza, costa meno e non priva del gusto di uscire);
- attivare rapporti interpersonali, per condividere, accogliere, cooperare, interagire, solidarizzare;
- imparare a vivere con i 5 sensi + mente e cuore.
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