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Com’è nata l’Italia. All’origine della grande bellezza

Prendo spunto per queste riflessioni e considerazioni dalla visione della trasmissione “Quante Storie” presentata da Giorgio Zanchini, in cui si è parlato dell’ultimo libro di Mario Tozzi, dal titolo “Com’è nata l’Italia. All’origine della grande bellezza” (edizioni Mondadori 2019). (vedi puntata)
Nel libro, il geologo, raccontando la storia più antica e nascosta dell’Italia a partire da quando, oltre 200 milioni di anni fa, il Paese non esisteva, prende lo spunto per domandarsi, perché noi italiani, che abbiamo un paese unico, non siamo in grado di conoscerlo e apprezzarlo e farlo apprezzare, ancor più di altri paesi, ai potenziali visitatori.

In questa epoca che ci vede prendere coscienza dei disastri combinati a scapito della nostra terra; nel momento in cui si comincia, finalmente, a comprendere la necessità di una vita e di un’economia Green, mi affianco a Tozzi sottolineando come, la nostra miopia non ci abbia fatto vedere, nella nostra storia moderna e contemporanea urbanistica ed ambientale, di aver stravolto, prima ancora dell’equilibrio idrogeologico, la bellezza intrinseca del nostro paese e la bellezza dell’opera dei nostri antenati.
Meglio di me, già Pierpaolo Pasolini ebbe modo di spiegare questi concetti.



Per tornare al libro, dice Tozzi, si parte dall’influenza del clima nella vita degli uomini e in particolare da alcuni avvenimenti che nell’arco di pochi anni accadono durante il 1800, tutti condizionati dal clima. La sconfitta di Napoleone a Waterloo, gli acquerelli di William Turner, l’invenzione della bici, le migrazioni dall’Irlanda negli USA, la novella Frankenstein di Mary Shelley; una sintesi che accomuna fatti appartenenti a scienza arte e sociologia.
Il geologo, come sua abitudine, parte dalle sue conoscenze scientifiche, per divulgarle le cala nel quotidiano.
Pertanto, arriva a significare la grandezza e unicità dell’Italia, attraverso la dimostrazione della sua biodiversità che sviluppa le identità territoriali, materiali e immateriali che ne fanno il più grande giardino emozionale diffuso.

Cercando notizie sul libro su internet, come d’abitudine faccio affiancando l’ascolto e la visione di trasmissioni Radio Televisive, ho trovato un breve testo che propongo come spunto, in cui racconta le tipicità del territorio calabrese, che mi fa particolare piacere come meridionalista e amante della mia Calabria.
“La Calabria ha delle caratteristiche geologiche alpine - ha detto - con montagne intatte, straordinarie. Le rocce viaggiano, le montagne viaggiano (e con questo mi ricorda il titolo di un altro libro di Paolo Rumiz "La leggenda dei monti naviganti" resoconto del bel viaggio fatto dall'autore lungo le terre, le storie, le persone sconosciute dei nostri monti, Alpi ed Appennini). L’Aspromonte, le Serre, la Sila e per ultimo il Pollino. Ci sono due peculiarità, una Calabria appenninica e una Calabria alpina ricca di rocce granitiche. Inoltre mi affascina - ha detto ancora Tozzi - la Grotta di Papasidero (vedi il mio servizio), in cui si pensava di essere in contatto con l’Aldilà e dove è conservato un graffito (il Bos primigenius) unico risalente a 10 mila anni fa. Eccezionale perché chi lo ha disegnato tenne in considerazione la rugosità della parete tale da far sembrare vera la pelle del toro rappresentato”.

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