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Politici con etica e spirito di servizio in via di estinzione

Le considerazioni che seguono le scrivo come ex alunno dell’Istituto Massimiliano Massimo dei Padri Gesuiti, dedicandola a tutti coloro che si meravigliano dello spirito e dell’agire di Papa Francesco, Gesuita, e oggi di Mario Draghi, ex alunno dei Gesuiti.

Uomini per gli altri, così ci definì Padre Pedro Arrupe, superiore della Compagnia di Gesù nel suo discorso tenuto al Congresso Europeo Ex-alunni della Compagnia di Gesù tenutosi a Valencia (Spagna) nel 30 luglio - 1° agosto 1973, sul tema «Promozione e formazione alla giustizia sociale».

Non solo una definizione ma un programma educativo, un comandamento di vita che lo stesso ebbe a consegnare a noi ex alunni dei Gesuiti, ricordando e sintetizzando il progetto educativo della Compagnia di Gesù, i Gesuiti, la missione di creare leader con spirito di servizio in grado di incidere nella società, formando alunni saggi e competenti, ma soprattutto Cristiani di fatto e di esempio.

 

Mario Draghi, in un’intervista a Radio Vaticana, spiegò il cuore dell'educazione Gesuita in questi termini più generali: «Far capire che tutti noi, al di là di quanto noi potessimo apprendere come scolari, nella vita avevamo un compito che poi il futuro, la fede, la ragione, ci avrebbero rivelato». 

 

Sant’Ignazio di Loyola e la Formazione delle classi dirigenti

Per Ignazio di Loyola la difesa della Chiesa dalle eresie deve passare per la formazione delle classi dominanti (dirigenti) poiché da queste deriverà il perfezionamento di tutti quelli che da loro dipendono.

Occorrerà dunque un’accurata formazione dei giovani religiosi in appositi collegi; il primo di questi sarà edificato nel 1540 (approvazione della regola della Compagnia di Gesù) ed 8 anni dopo a Messina nasce il primo collegio aperto anche ai laici.

I Gesuiti (SJ Societatis Jesu) acquisiscono prestigio nei confronti dell’aristocrazia attirata dalla qualità dell’istruzione e dalla capacità di conciliare fede e consuetudini laiche e parallelamente aumenta il numero dei collegi.

Nelle “costituzioni” del 1599 Ignazio delinea la “ratio atque institutio studiorum” che disciplina l’organizzazione delle scuole, che resterà inalterata per 2 secoli (esempio della scuola cattolica europea).

I Gesuiti, educatori della classe dirigente, non impartiscono un’educazione di base (scuola abecedaria, ammessa solo nei collegi) ma solo un approfondimento degli studi superiori. 

Organizzati prevalentemente in camerate, i collegi-convitto dei gesuiti accolgono giovani rampolli dell’aristocrazia e della borghesia le cui rette saranno destinate all’ammissione di ragazzi poveri ma meritevoli.

Il Collegio, ossia l’internato nel quale all’istruzione potesse congiungersi un’educazione data sotto la sorveglianza continua dei Padri, fu il mezzo che essi escogitarono come più adatto allo scopo. 

In essi, disseminati in tutta Europa, vi erano accolti soprattutto i giovani della nobiltà e delle famiglie borghesi più ricche, quelli  destinati ad occupare alti uffici civili e politici e comunque a costituire la classe dirigente attraverso la quale l’opera educativa poteva agire su tutta la società.

Non si escludeva un’accorta condiscendenza verso la mondanità e le esigenze della società nella quale i giovani delle classi elevate erano destinati ad entrare. 

Era incoraggiata la tendenza a primeggiare o almeno a figurare bene nella vita da gentiluomo o nell’ufficio cui il giovane era indirizzato.

Quindi, se per Ignazio di Loyola, la difesa della Chiesa dalle eresie deve passare per la formazione delle classi dominanti (dirigenti), oggi potremmo affermare che il declino eretico dell’Italia, economico, etico, estetico, morale, sociale, non può che passare attraverso l’impegno politico e sociale dei suoi allievi.

Dagli istituti governati dai padri Gesuiti nella corso della storia, nel mondo, uscirono Re e politici ed esce anche una bella fetta di classe dirigente italiana, banchieri, manager, politici, oltre ad una miriade di impegnati nel mondo della comunicazione e del sociale.

Tra i tanti, da sinistra a destra al centro civico, Mario Monti e Luca Cordero di Montezemolo, entrambi, vengono da scuole dei Gesuiti; il Leone XIII di Milano, il prof. Monti (ma anche l'ex sindaco Gabriele Albertini e Massimo Moratti), l'Istituto Massimiliano Massimo, invece, erede del Collegio romano fondato da Sant'Ignazio di Loyola nel 1550, il fondatore di Italia Futura Montezemolo.

Sempre dal «Massimo» di Roma sono usciti l'ex sindaco di Roma Francesco Rutelli, il presidente Bce, oggi chiamato a tentare di dare un nuovo governo pragmatico, Mario Draghi, ottimo giocatore della squadra di basket dell'istituto e fino alla prima liceo compagno di classe di Giancarlo Magalli, poi espulso dai Gesuiti per aver simulato un allarme pur di evitare un compito in classe. 

Sempre al «Massimo» hanno studiato l'imprenditrice e consigliere Rai Luisa Todini, il presidente di Bnl-BNP Paribas Luigi Abete, il direttore del Fatto Antonio Padellaro, il direttore di La7 poi di Rai 3 ed oggi di TV 2000 Paolo Ruffini, parente del deputato Pdl Enrico La Loggia ex ministro per gli Affari Regionali (di cui mi sono onorato essere addetto stampa), anche lui formato dai Gesuiti, nella più prestigiosa scuola dei Gesuiti di Palermo, il «Gonzaga», nei cui archivi si trovano altri politici, l'attuale sindaco Leoluca Orlando, sostenuto, ai tempi della Rete (anni 1990) da un eminente Gesuita come padre Bartolomeo Sorge, poi direttore di Civiltà cattolica. 

Ancora dai Gesuiti, ma al «San Francesco Saverio» di Livorno, si è diplomato l'ex presidente Carlo Azeglio Ciampi.

Insospettabili anche a sinistra, area Pci addirittura, come Piero Fassino, che da segretario dei DS, durante il governo Prodi raccontava di una giovinezza precedente alla Fgci torinese nel 1968: «Sì, sono stato per nove anni allievo dei Gesuiti a Torino, e questo mi ha consentito di rafforzare la mia fede religiosa. 

Essere di sinistra non è in contraddizione con la fede, perché significa battersi per la giustizia, l'uguaglianza, il rispetto della persona, valori cattolici». 

Ma che tipo di politici forma la pedagogia Gesuita? 

A sentire padre Bartolomeo Sorge, moderati di centrosinistra: «Anche i figli di buone famiglie da noi si appassionano ai drammi degli emarginati sociali, delle minoranze e sviluppano una passionalità che li guida poi nella vita civile». 

 

Per tornare al pensiero di padre Arrupe, questi che seguono sono alcuni passi estratti da un libretto che mi regalò il mio padre spirituale Mario Pesce S.J. (Gesuita appunto), intitolato “Uomini per gli altri”, riportante l’intervento integrale del padre Arrupe, del 1973, che offro alla vostra riflessione e che dovrebbe servire a capire perché noi ex Alunni siamo ciò che siamo, o cerchiamo di essere, e facciamo ciò che facciamo, o cerchiamo di fare.

«[...] Scopo del nostro lavoro educativo è di formare uomini-per-gli-altri; uomini (e donne) che non vivano per se stessi, ma per Dio e il suo Cristo, l’Uomo-Dio che ha dato la vita per tutti; uomini che intendano l’amore di Dio non separato dall’amore per l’uomo, convinti che l’amore di Dio diventa una farsa, se non si traduce in giustizia per gli uomini.

Tuttavia il sistema educativo vigente nel mondo - scuola e mezzi di comunicazione sociale - non forma uomini dotati di senso sociale.

La scuola rappresenta, troppo spesso, un centro di tecniche per la conquista di posti, per far denaro, per scavalcare gli altri.

Inoltre, l’ordine - o disordine - stabilito influisce sulle istituzioni educative e sui mezzi di comunicazione sociale, perché diano vita non a un «uomo nuovo», ma a «un uomo come lo vuole quello stesso ordine» incapace di trasformazioni veramente innovatrici. [...]

Non sarebbe ora di finirla con l’idea che gli alunni dei Gesuiti formano una specie di élite sociale?

[...] Se questo si chiama formare una élite, la Compagnia non vuole in alcun modo che si tratti di un'élite economica e sociale.

Noi vogliamo formare dei leaders, giovani generosi, dotati di una coscienza sociale e cristiana, disposti a lavorare a servizio degli altri.

Dobbiamo cercare questi leaders ovunque si trovano.

E dobbiamo evitare che il processo alienante di un’educazione poco critica e poco adatta li faccia scomparire da quella stessa società che vogliamo trasformare.

In questo compito, che è nostro, gli Antichi Alunni possono avere una parte molto influente.

L’azione educativa della Compagnia mira alla formazione di una coscienza critica, che prepara alla responsabilità sul piano politico-sociale

[...] L’educazione dei Gesuiti ha sempre avuto come ideale di formare il cristiano e l’uomo integrale.

Nel corso della storia la Compagnia di Gesù, riconoscendo l’enorme importanza apostolica dell’educazione, dedicò ad essi molti suoi uomini migliori e delle sue risorse, e lo fece con vero spirito di servizio.

Lo fece non solo per comunicare una certa «quantità» di nozioni, ma per formare uomini e cristiani responsabili, con la speranza che a loro volta avrebbero messo a servizio degli altri la formazione umana e cristiana ricevuta [...]

Secondo quali criteri dovrebbe la Compagnia procedere nell’ammissione degli alunni nei suoi collegi per preparare degli uomini (e donne) validi per la trasformazione dell’attuale società dei consumi?

[...] Credo che nella maggior parte dei nostri collegi non solo dovremmo ammettere, ma anche sforzarci di reclutare giovani che si mostrino capaci di esercitare una leadership cristiana e sociale a qualunque classe appartengano.

Dico «nella maggior parte», perché non possiamo dimenticare, oggi più che mai, l’educazione degli emarginati.

La formazione da dare a questi giovani dovrebbe comprendere non solo la conoscenza teorica della dimensione sociale della Fede e degli insegnamenti sociali della Chiesa, ma anche un’esperienza diretta, personale e organizzata, di contatto con i poveri e gli oppressi, di servizio ai più bisognosi e di azione per la promozione della giustizia. [...] »

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